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Channel: Architettura Ecosostenibile: bioarchitettura, design e sostenibilità
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Tavolo Lagoon: travertino e resina ricreano gli anfratti marini

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Con il tavolo da caffè "Lagoon" disegnato da Alexander Chapelin si possono godere in salotto le profondità blu dell’oceano. Un unico pezzo di travertino è scolpito e tagliato secondo gli anfratti marini, ricoperto in alcuni punti da resina azzurra, lucida e riflettente come l’acqua. La vista dall’alto del tavolo restituisce l’illusione di una laguna in miniatura, dove le mille tonalità blu sono definite dall’incisione di curve di livello. Queste si sviluppano armoniose e sempre più profonde, mentre gli irregolari vacui del travertino sembrano piccoli specchi d'acqua.

LA EAMES SHELL CHAIR IN MATERIALE RICICLATO

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La capacità specchiante della resina ricrea l’illusione del mare, il colore e la scabrezza del marmo ricordano, invece, le rive sabbiose. Le viste laterali di Lagoon mostrano il segreto: sono stati intagliati dislivelli a gradoni in modo da ricreare la laguna o le pendici di un oceano, proprio come nei modelli architettonici.

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Spiega Chapelin: “Il modello Lagoon è un tavolino scolpito in un pezzo di marmo di travertino. Scaviamo gradualmente per creare la riva della laguna. Poi aggiungiamo la resina passo passo per ricreare il volume dell’oceano sul tavolo”.

L’artista francese, figlio di artigiani, realizza le sue opere a partire da pezzi di legno, vecchi motori e leghe. Questa è l’anima racchiusa in ogni sua creazione, inglobata da resine colorate e completata da altri materiali nobili. Si racconta orgoglioso come abbia iniziato a dipingere a 5 anni e a 14 abbia iniziato a modellare la pasta sintetica fimo. Specializzato nel lavorare resine epossidiche, poliestere e tecniche commiste, ha studiato arti decorative e grafica.

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L’idea di progettare e ripensare i tavoli nasce dall’osservazione di quelli in commercio, "graficamente" poco piacevoli e invitanti. Il video che mostra il processo creativo e la realizzazione (in collaborazione con Patrick Lapierre), ci fa riflettere sul valore dell’artigianato e sulla necessaria consapevolezza nell'acquisto dei singoli pezzi. Sono compresi i materiali, la dedizione, l’impegno ma anche i fallimenti e i momenti di gioia delle maestranze che hanno collaborato alla realizzazione dello stesso. Artigiani e scultori di oggetti quotidiani, ancor oggi, continuano a stupirci con pezzi unici, sorprendentemente contemporanei per le tecniche di fabbricazione e per la capacità di raccontarne una storia.

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Guardare l’architettura. Che tipo di osservatore sei?

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Al fine di evitare un’analisi troppo ampia restringiamo il campo d’azione ai soli edifici, alla città a tre dimensioni che ci circonda, fatta di volumi, vuoti, materiali, luci e ombre ma anche di tanti piccoli dettagli che creano un microcosmo visivo. I cittadini e gli edifici sono gli oggetti, l’osservare è una funzione; è la relazione tra l’individuo e la città. Questa relazione può mostrarsi in modi profondamente differenti tra loro.

Può essere interessante domandarsi secondo quale tipo di relazione l’edificio riceve il nostro primo sguardo perché probabilmente, pure non essendone pienamente consapevoli, c’è qualcosa che attira di più la nostra attenzione.

ARCHITETTURA E SOCIOLOGIA: IL RAPPORTO uomo-spazio

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Osservatori differenti

Alcune persone camminano con il naso all’insù guardando gli interstizi di cielo tra le linee di colmo dei palazzi di un centro storico, osservano gli edifici come in scorcio totale; sono attratti da tutto ciò che dista almeno qualche metro da terra.

Altre invece conoscono ogni portoncino di ingresso, apprezzano tutto ciò che è toccabile con mano, ogni dettaglio che possa restituire loro una sensazione tattile, sono circondati da un universo ad altezza uomo, tutto ciò che ne sta al di sopra o al di sotto gli appare sfuocato, insignificante.

Ci sono poi gli amanti dei volumi e dei rapporti proporzionali, incuranti del particolare, del dettaglio dell’infisso o della superficie del materiale, desiderano portare l’architettura ad un ragionamento fondato sui volumi puri, sui pieni e sui vuoti, vedono di fronte a loro cubi, parallelepipedi, sfere, a loro interessano le relazioni tra le forme e come gli edifici si inseriscono nel contesto.

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La qualità dei materiali, di ogni particolare e la tecnologia adottata appassiona invece una folta schiera di passeggiatori-tecnologi per i quali la forma ha una valenza minore, i loro occhi catturano le risposte date dal progettista alle necessità funzionali e così, fin dal primo momento, hanno già un quadro completo di tutte le tecnologie utilizzate nell’edificio e di tutti i punti ancora irrisolti.

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Insegne, luci, vetrine e prodotti, tutta la moltitudine di messaggi che bombardano quotidianamente la nostra vista sono l’attrazione prediletta di coloro per i quali Venturi e Scott Brown avevano ragione 1

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Non possiamo poi dimenticarci dei nostalgici, degli amanti di tutto ciò che suscita in loro un ricordo, ed ecco che il loro occhio si sofferma su quei particolari che rimandano nella loro mente alla storia dell’architettura oppure ai luoghi della loro memoria, sono attratti da fessure, una macchia sull’intonaco, una persiana cadente, vedono colori, forme e materiali che vivono ancora nel passato.

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C’è infine una folta schiera di passeggiatori (in)differenti, loro non osservano o se lo fanno è un atto inconscio, non si pongono delle domande, camminano nella città senza essere consapevoli di essere in un luogo, potrebbero essere altrove e non noterebbero alcun cambiamento. Intonaco o muratura a vista, rivestimenti a cappotto, persiane o facciate completamente vetrate, un edificio storico o una palazzina popolare di periferia per loro non fanno alcuna differenza, “ci sono delle case, dei palazzi” rispondono così nel caso debbano descrivere un luogo.

Questo tipo di passeggiatori non sono osservatori, loro non riescono a vedere ed ovviamente questo non è un spunto di riflessione rivolto a loro.

1. Si fa riferimento qui alla manifestata esigenza di un’architettura sempre più simbolica e comunicativa, come un insieme di segni dove “La comunicazione domina gli spazi intesi come l’elemento principale della conformazione architettonica ed ambientale” (R. Venturi, D. Scott Brown, A Significance for A&P Parking Lots or Learning from Las Vegas).  

Il legno traslucido: caratteristiche e applicazioni

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I ricercatori della KTH Royal Institute of Technology, hanno sviluppato un legno traslucido che, applicato in edilizia, potrebbe essere utilizzato in sostituzione del vetro delle finestre e aumentare l’efficienza delle celle solari diminuendone i costi.

BOSCHI: PERCHÈ L'USO DEL LEGNO È SOSTENIBILE?

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L’uso del legno in architettura e la sua comprovata affidabilità come materiale da costruzione hanno spinto gli scienziati svedesi della KTH Royal Institute of Technology di Stoccolma a condurre ulteriori ricerche per arricchire le proprietà di questo versatile elemento. Ciò che è stato ottenuto è un legno traslucido che conserva tutte le caratteristiche del materiale originale.

Il legno traslucido

Per renderlo traslucido, i ricercatori, hanno innanzitutto sottratto la lignina, una fibra naturale del legno, in questo modo il legno ha acquisito un colore bianco. Successivamente è stato aggiunto un polimero, il PMMA, metil metacrilato prepolimerizzato, che ha consentito di modificare l’indice di rifrazione mantenendo la struttura del legno. In più, modificando il volume della cellulosa, è possibile alterare le sue proprietà ottiche, ottenendo in questo modo diversi livelli di opacità.

Le applicazioni del legno traslucido

Le potenzialità di questo materiale sono moltissime.

  • Il legno traslucido per i vetri per finestre: il legno è molto leggero e può sostituire il vetro delle finestre per renderle più resistenti, meno costose e, in base al grado di trasparenza, in grado di filtrare la luce nell’ambiente interno e allo stesso tempo preservare la privacy degli abitanti della casa.
  • Il legno traslucido per le celle solari: una delle applicazioni più originali e rivoluzionarie è quella per finestre con celle solari trasparenti. Infatti, grazie alla dispersione della luce causata dal tessuto del legno, la luce verrebbe trattenuta per molto tempo all’interno delle piastrine solari. Ciò implica una maggiore interazione tra la luce e questo materiale attivo, il cui sviluppo condurrà verso una migliore efficienza delle celle solari.

Gran parte degli sforzi degli scienziati si sta concentrando, quindi, sulla realizzazione di piastrine solari prodotte in legno trasparente, poiché, tali studi, potrebbero comportare una sostanziale diminuzione dei costi delle celle solari, consentendo, finalmente, di concorrere con i prezzi dei tradizionali metodi di generazione di energia e di ridurre il consumo di energia nel settore dell'edilizia.

Il team di ricerca svedese sta ora lavorando per sperimentare diversi tipi di legno, soprattutto quelli provenienti da fonti rinnovabili, e si stanno assicurando che i costi di produzione siano il più possibile accessibili.

Noi non vediamo l’ora di conoscere gli ulteriori sviluppi e le nuove applicazioni di questo legno innovativo.

Tubi di luce: come portare la luce naturale in una casa buia

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La luce naturaleè un elemento fondamentale della progettazione sia dal punto di vista estetico che in rapporto al comfort visivo. Quando non è possibile illuminare naturalmente degli ambienti si può ricorrere ai tubi di luce (anche chiamati tubi solari o tunnel solari), sistemi che consentono di captare e portare la luce del sole in zone scarsamente illuminate o completamente cieche della casa.

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Captare la luce naturale con i tubi di luce

Studiare lo sfruttamento ottimale della luce naturale è importante non solo per il benessere in casa, ma fa anche parte delle strategie per il risparmio energetico, poiché un’ottimale illuminazione naturale riduce le ore in cui sarà necessario accendere le luci di casa. Infatti un’errata progettazione dei fronti finestrati obbliga all’uso di fonti di illuminazione artificiali anche di giorno, con conseguenti sprechi energetici ed economici, e sottoponendoci a condizioni di stress visivo controproducenti sia a casa che negli ambienti di lavoro.

Circa 1/3 dell’energia elettrica totale che consumiamo tra le mura domestiche è da imputare all’illuminazione quindi, oltre a scegliere LED e lampadine a basso consumo, un bravo progettista dovrà affrontare anche il problema della luminosità degli ambienti, studiando un modo per integrare luce naturale e artificiale.

In fase di progettazione è importante ottimizzare l’illuminazione naturale, salubre e gratuita, attraverso una corretta disposizione delle aperture e l’uso di sistemi di captazione e diffusione della luce naturale, come mensole e lamelle riflettenti, o ricorrendo ai tubi di luce (anche detti tubi solari o tunnel solari).

Come funzionano i tubi di luce

I tubi di luce rientrano tra i cosiddetti sistemi di illuminazione topligting (con finestrature posizionate sul soffitto), tra i più efficaci ma anche meno conosciuti, complice la scarsa diffusione nei nostri edifici. Questa tecnica sfrutta l’apporto di luce zenitale e incanala la radiazione solare attraverso lucernari tubolari installati sul tetto e composti da 3 elementi:

  • la calotta trasparente, è l’elemento di captazione della radiazione luminosa posta sul tetto;
  • il tubo (o albero) , è l’elemento di conduzione, a sezione circolare di 25 o 35 cm, in materiale flessibile rivestito di una pellicola altamente riflettente all’interno del quale avvengono riflessioni multiple della radiazione;
  • il diffusore, un elemento traslucido posto all'estremità all’interno degli spazi abitati e in grado di diffondere uniformemente la luce naturale.

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Tubi-luce-cPiccoli elementi correttivi all’interno o all’esterno della calotta (come light shelves o “frangiflutti”) rendono il sistema efficace anche nelle ore pomeridiane, captando i raggi solari più bassi, e quando il cielo è coperto.

Vantaggi e svantaggi dei tubi di luce

Uno degli svantaggi legati all’uso dei tubi solari consiste sicuramente nell’assenza di un contatto visivo con l’esterno.
Inoltre se la distanza tra la calotta e il diffusore è molta, la riduzione della loro efficacia è notevole a causa della perdita d’intensità della luce durante le ripetute riflessioni.

Oltre all’evidente vantaggio di portare la luce in ambienti totalmente bui o scarsamente illuminati, i tubi di luce hanno il vantaggio di riuscire a trasportare sia la componente diretta che quella diffusa della luce naturale.

I costi di progettazione e costruzione di un edificio munito di questi sistemi di captazione sono estremamente vicini ai costi di un edificio tradizionale: nel North Carolina una scuola di 45000 mq, in cui sono stati impiegati sistemi di toplighting, è costata solo l’1% in più rispetto ad un edificio simile ma privo di tubi solari. A questa spesa aggiuntiva si aggiunge però la riduzione dei costi per impianti di illuminazione e condizionamento ed un risparmio energetico pari al 40% rispetto alle scuole tradizionali della stessa area.

Inoltre il rivestimento interno dei tubi di luce non permette la trasmissione di raggi di lunghezze d’onda comprese tra i 700 nm e i 1000 nm, i cosiddetti raggi infrarossi. Questo accorgimento impedisce la trasmissione del calore all’interno degli ambienti di casa e permette di limitare sensibilmente il fenomeno del surriscaldamento legato all’utilizzo di superfici trasparenti.

Facilissimi da installare sia su edifici realizzati ex novo che su fabbricati esistenti, su tetti di qualunque materiale e inclinazione, i tubi di luce richiedono strettissimi tempi di esecuzione, trattandosi di pezzi prefabbricati da assemblare, mentre maggiore cura verrà posta nella realizzazione del foro in copertura per l’alloggiamento degli elementi, nell’ancoraggio del tubo e nella sigillatura ermetica del diffusore interno. In questi casi basterà affidarsi ad una ditta specializzata nella produzione e installazione di questi sistemi , come GBA Plastik, già specializzata in evacuatori di fumo e lucernari continui in policarbonato alveolare, che negli ultimi 10 anni ha implementato i suoi servizi offrendo coperture complete e tubi solari.

Edilizia ed urbanistica: verso la semplificazione burocratica?

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Il sistema burocratico italiano, lento e macchinoso, rischia di incidere pesantemente sul settore delle costruzioni, che negli ultimi anni ha subito un forte calo. Sono stati fatti però alcuni passi in direzione di una semplificazione burocratica per snellimento delle procedure in edilizia e urbanistica anche in vista di un rilancio di tutto il settore edile.

SISTEMI DI CONTABILIZZAZIONE E TERMOREGOLAZIONE DEL CALORE

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Il Modello Unificato

Già nel 2014 in Gazzetta Ufficiale n. 56 del 14 luglio è stato pubblicato il Modello Unificato per il permesso di costruire e della segnalazione certificata di inizio attività. Il Modello ha una struttura fissa ed alcune parti definite “variabili”. Le Regioni hanno facoltà di modificare tali parti in base alle normative urbanistiche ed edilizie in vigore sul loro territorio e non hanno purtroppo tardato a farlo.

Le novità della riforma Madia

Altre novità sono state introdotte in materia di permessi di costruire con un decreto legislativo approvato a febbraio 2016 nella sua versione provvisoria, che contiene anche la cosiddetta riforma Madia.

In questo decreto viene stabilito che, per i permessi di costruire, dovrà sempre esserci la consultazione mediante conferenza dei servizi delle amministrazioni interessate agli interventi. Sembrerebbe una complicazione rispetto alla situazione attuale ma si vuole così dare fiducia alla nuova conferenza dei servizi, più leggera e veloce che presuppone tempi certi, indetta proprio con la riforma Madia.

La riforma Madia introduce anche una forte novità in merito al parere delle Soprintendenze che diventa non più vincolante. In caso di silenzio da parte della Soprintendenza si ricade in una situazione di “silenzio assenso” e il mancato parere non può ostacolare l’intervento.
La Soprintendenza viene quindi privata del diritto di veto sugli interventi edilizi e il suo parere, anche se negativo, può essere superato.

La riforma Madia accorcia molto i tempi burocratici delle autorizzazioni paesaggistiche ma si auspica che non venga abusata provocando un danno al nostro patrimonio edilizio e culturale.

Regolamento Edilizio Unificato

Contestualmente al decreto sblocca Italia è stata poi approvata la riforma che prevede la realizzazione di un unico Regolamento Edilizio a fronte degli attuali 8000 regolamenti esistenti sul nostro territorio.

Si è cominciato approvando le definizioni chiave del regolamento edilizio che vengono dichiarate immodificabili su tutto il territorio nazionale. Si parte dalla definizione di altezza del fronte edilizio, per passare a definizioni di superfici utili e calpestabili e si termina con la definizione di volume totale o volumetria complessiva.

Il Presidente del Consiglio Nazionale Architetti Leopoldo Freyrie in merito alla riforma: 

“le norme chiare e prestazionali, condivise su tutto il territorio nazionale, favoriscono la qualità dell’abitare invece della buro-edilizia”.

Le 42 definizioni chiave del Nuovo Regolamento Edilizio Unico

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Con il decreto Sblocca Italia del governo Renzi è stato approvato il Regolamento Edilizio Unico che dovrà sostituire gli oltre 8000 regolamenti comunali validi sul territorio nazionale.

Sono state finora approvate le 42 definizioni chiave ed immodificabili che staranno alla base del regolamento edilizio.

In copertina: Yellow helmet, calculator, level and project drawingsdi Dimitar Sotirov, via Shutterstock.

SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA PER EDILIZIA E URBANISTICA

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Le definizioni del Nuovo Regolamento Edilizio Unico

L’approvazione delle 42 definizioni del Nuovo Regolamento Edilizio Unico sono stato il primo passo verso il nuovo Regolamento. Forniscono delle informazioni circa cosa sia da intendersi per superficie fondiaria e territoriale, per carichi urbanistici, indici di edificabilità, di permeabilità, altezza utile, lorda e dell’edificio, volumi tecnici e definiscono alcuni elementi del fabbricato (pensiline, portici, porticati, balconi e ballatoi).

Superficie Territoriale (ST)

Per Superficie Territoriale si intende la superficie reale di una porzione di territorio oggetto di intervento di trasformazione urbanistica. Comprende la superficie fondiaria e le aree per dotazioni territoriali ivi comprese quelle esistenti.

Superficie Fondiaria (SF)

La Superficie Fondiaria è la superficie reale di una porzione di territorio destinata all’uso edificatorio. È costituita dalla superficie territoriale al netto delle aree per dotazioni territoriali ivi comprese quelle esistenti.

Indice di Edificabilità Territoriale (It)

L’Indice di Edificabilità Territoriale fornisce un’informazione circa la quantità massima di superficie o di volume edificabile su una determinata superficie territoriale, comprensiva dell’edificato esistente.
Il calcolo dell’Indice di Edificabilità Territoriale:
It = Volume edificabile / ST [mc/mq].

Indice di Edificabilità Fondiaria (If)

L’indice di Edificabilità Fondiaria fornisce l’informazione relativa alla quantità massima di superficie o di volume edificabile su una determinata superficie fondiaria, comprensiva dell’edificato esistente.
Il calcolo dell’Indice di Edificabilità Fondiaria:
It = Volume edificabile / SF [mc/mq].

Carico Urbanistico

Si definisce Carico Urbanistico il fabbisogno di dotazioni territoriali di un determinato immobile o insediamento in relazione alla sua entità e destinazione d’uso. Costituiscono variazione del carico urbanistico l’aumento o la riduzione di tale fabbisogno conseguenti all’attuazione di interventi urbanistico-edilizi ovvero a mutamenti di destinazione d’uso.

Dotazioni Territoriali

Per Dotazioni Territoriali si intende l’insieme di infrastrutture, servizi, attrezzature, spazi pubblici o di uso pubblico e ogni altra opera di urbanizzazione e per la sostenibilità (ambientale, paesaggistica, socio-economica e territoriale) prevista dalla legge o dal piano.

Sedime

La definizione di Sedime è: l’impronta a terra dell’edificio o del fabbricato, corrispondente alla localizzazione dello stesso sull’area di pertinenza.

Superficie Coperta

Per Superficie Coperta si intende la superficie risultante dalla proiezione sul piano orizzontale del profilo esterno perimetrale della costruzione fuori terra , con esclusione degli aggetti e sporti inferiori a 1,50 m.

Superficie Permeabile

La Superficie Permeabile è la porzione di superficie territoriale o fondiaria priva di pavimentazione o di altri manufatti permanenti, entro o fuori terra, che impediscano alle acque meteoriche di raggiungere naturalmente la falda acquifera.

Indice di Copertura (Ic)

L’indice di copertura si calcola come rapporto tra la superficie coperta e la superficie fondiaria.
Il calcolo dell’Indice di Copertura:
Ic = Superficie Coperta / SF.

Indice di Permeabilità (Ip)
L’indice di Permeabilità si calcola come rapporto tra la superficie permeabile e la superficie territoriale (indice di permeabilità territoriale) o fondiaria (indice di permeabilità fondiaria).
Il calcolo dell’Indice di Permeabilità:
Ip = Superficie permeabile / ST.

Superficie Totale (ST)

La Superficie Totale è la somma delle superfici di tutti i piani fuori terra, seminterrati ed interrati comprese nel profilo perimetrale esterno dell’edificio.

Superficie Lorda (SL)

La Superficie Lorda si calcola come somma delle superfici di tutti i piani comprese nel profilo perimetrale esterno dell’edificio escluse le superfici accessorie.

Superficie Utile (SU)

Per Superficie Utile si intende la superficie di pavimento degli spazi di un edificio misurata al netto della superficie accessoria e di murature, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre.

Superficie Accessoria (SA)

La Superficie Accessoria è la superficie di pavimento degli spazi di un edificio aventi carattere di servizio rispetto alla destinazione d’uso della costruzione medesima, misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre.

Superficie Complessiva (SC)

La Superficie Complessiva si calcola come somma della superficie utile e del 60% della superficie accessoria.
Il calcolo della Superficie Complessiva:
SC = SU + 60%SA.

Superficie Calpestabile

La Superficie Calpestabile è la superficie risultante dalla somma delle superfici utili (SU) e delle superfici accessorie (SA) di pavimento.
Il calcolo della Superficie Calpestabile:
SC = SU + SA.

Sagoma

Per Sagoma si intende la conformazione planivolumetrica della costruzione fuori terra nel suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale, ovvero il contorno che viene ad assumere l’edificio, ivi comprese le strutture perimetrali, nonché gli aggetti e gli sporti superiori a 1,50 m.

Volume Totale o Volumetria Complessiva

Per Volume Totale, al quale ci si riferisce anche come Volumetria Complessiva, si intende il volume della costruzione costituito dalla somma della superficie totale di ciascun piano per la relativa altezza lorda.

Piano Fuori Terra

La definizione di Piano Fuori Terra è di un piano dell’edificio il cui livello di calpestio sia collocato in ogni sua parte ad una quota pari o superiore a quella del terreno posto in aderenza all’edificio.

Piano Seminterrato

Un Piano Seminterrato è un piano di un edificio il cui pavimento si trova a una quota inferiore (anche solo in parte) a quella del terreno posto in aderenza all’edificio e il cui soffitto si trova ad una quota superiore rispetto al terreno posto in aderenza all’edificio.

Piano Interrato

Per Piano Interrato si intende un piano di un edificio il cui soffitto si trova ad una quota inferiore rispetto a quella del terreno posto in aderenza all’edificio.

Sottotetto

Il Sottotetto è lo spazio compreso tra l’intradosso della copertura dell’edificio e l’estradosso del solaio del piano sottostante.

Soppalco

Un soppalco è una partizione orizzontale interna praticabile, ottenuta con la parziale interposizione di una struttura portante orizzontale in uno spazio chiuso.

Numero dei Piani

La definizione di Numero di Piano è del numero di tutti i livelli dell’edificio che concorrono, anche parzialmente, al computo della superficie lorda (SL).

Altezza Lorda

Per Altezza Lorda si intende la differenza fra la quota del pavimento di ciascun piano e la quota del pavimento del piano sovrastante.
Per l’ultimo piano dell’edificio si misura l’altezza del pavimento fino all’intradosso del soffitto
o della copertura.

Altezza del Fronte

L’altezza del fronte o della parete esterna di un edificio è delimitata:

  • all’estremità inferiore, dalla quota del terreno posta in aderenza all’edificio prevista dal progetto;

  • all’estremità superiore, dalla linea di intersezione tra il muro perimetrale e la linea di intradosso del solaio di copertura, per i tetti inclinati, ovvero dalla sommità delle strutture perimetrali, per le coperture piane.

Altezza dell'Edificio

L’Altezza dell’Edificio è l’altezza massima tra quella dei vari fronti.

Altezza Utile

Per Altezza Utile si intende l’altezza del vano misurata dal piano di calpestio all’intradosso del solaio sovrastante, senza tener conto degli elementi strutturali emergenti. Nei locali aventi soffitti inclinati o curvi, l’altezza utile si determina calcolando l'altezza media ponderata.

Distanze

La definizione di Distanza è: lunghezza del segmento minimo che congiunge l’edificio con il confine di riferimento (di proprietà, stradale, tra edifici o costruzioni, tra i fronti, di zona o di ambito urbanistico, ecc.), in modo che ogni punto della sua sagoma rispetti la distanza prescritta.

Volume Tecnico

Sono volumi tecnici i vani e gli spazi strettamente necessari a contenere ed a consentire l'accesso alle apparecchiature degli impianti tecnici al servizio dell’edificio (idrico, termico, di condizionamento e di climatizzazione, di sollevamento, elettrico, di sicurezza, telefonico, ecc.).

Edificio

È definito Edificio una costruzione stabile, dotata di copertura e comunque appoggiata o infissa al suolo, isolata da strade o da aree libere, oppure separata da altre costruzioni mediante strutture verticali che si elevano senza soluzione di continuità dalle fondamenta al tetto, funzionalmente indipendente, accessibile alle persone e destinata alla soddisfazione di esigenze perduranti nel tempo.

Edificio Unifamiliare

Per edificio unifamiliare si intende quello riferito un’unica unità immobiliare urbana di proprietà esclusiva, funzionalmente indipendente, che disponga di uno o più accessi autonomi dall’esterno e destinato all’abitazione di un singolo nucleo familiare.

Pertinenza

La Pertinenza è un’opera edilizia legata da un rapporto di strumentalità e complementarietà rispetto alla costruzione principale, non utilizzabile autonomamente e di dimensioni modeste o comunque rapportate al carattere di accessorietà.

Balcone

Un Balcone è un elemento edilizio praticabile e aperto su almeno due lati, a sviluppo orizzontale in aggetto, munito di ringhiera o parapetto e direttamente accessibile da uno o più locali interni.

Ballatoio

Un Ballatoio è un elemento edilizio praticabile a sviluppo orizzontale, e anche in aggetto, che si sviluppa lungo il perimetro di una muratura con funzione di distribuzione, munito di ringhiera o parapetto.

Loggia/Loggiato

Per Loggia o Loggiato si intende un elemento edilizio praticabile coperto, non aggettante, aperto su almeno un fronte, munito di ringhiera o parapetto, direttamente accessibile da uno o più vani interni.

Pensilina

Si definisce Pensilina un elemento edilizio di copertura posto in aggetto alle pareti perimetrali esterne di un edificio e priva di montanti verticali di sostegno.

Portico/Porticato

Un Portico o Porticato è un elemento edilizio coperto al piano terreno degli edifici, intervallato da colonne o pilastri aperto su uno o più lati verso i fronti esterni dell’edificio.

Terrazza

La definizione di Terrazza è di elemento edilizio scoperto e praticabile, realizzato a copertura di parti dell’edificio, munito di ringhiera o parapetto, direttamente accessibile da uno o più locali interni.

Tettoia

La Tettoia è un elemento edilizio di copertura di uno spazio aperto sostenuto da una struttura discontinua, adibita ad usi accessori oppure alla fruizione protetta di spazi pertinenziali.

Veranda

Per Veranda si intende un locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili

Genesi di un'oasi protetta. Armonia tra economia e natura

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Le oasi sono aree naturalistiche salvate dalla cementificazione speculativa o dal destino di discariche abusive. Oggi sono l’esempio concreto di una possibile armonia tra umanità e natura, in linea con le politiche ambientali europee sullo sviluppo sostenibile. Di seguito, brevemente, segnaliamo alcuni esempi virtuosi di aree protette con l’auspicio possano essere replicati, quindi moltiplicati i loro effetti positivi e denunciamo alcune criticità ancora irrisolte dovute principalmente alla scarsa sensibilità ambientale e lungimiranza di alcuni enti.

OASI WWF E IL CENTRO COMMERCIALE GREEN

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Classificazione delle Aree Protette

In Italia, le aree naturali protette sono riconosciute ufficialmente dallo Stato se rispondono a determinati criteri stabiliti dalla Legge quadro 394/91. Innanzi tutto, la menzionata legge ha disposto un apposito Comitato per la loro tutela, costituito dai ministri (o da sottosegretari delegati) dei seguenti ministeri: MATTM, Politiche agricole, Beni culturali e paesaggistici, Infrastrutture e dell'Istruzione e, infine, da sei presidenti di regione (o di provincia autonoma, o di assessori delegati) designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, con il compito di approvare l'elenco ufficiale delle aree naturali protette. L'iscrizione nell'elencoè condizione necessaria per l'assegnazione di finanziamenti pubblici attraverso il Piano territoriale delle aree protette. La classificazione più recente delle aree protette è stata introdotta dall'IUCN(International Union for Conservation of Nature) e si basa su obiettivi di gestione ben definiti individuando le seguenti otto categorie:

  1. Riserve scientifiche e lande selvagge. Sono aree, adibite alla conservazione della biodiversità e agli studi scientifici, dove i processi naturali si possono svolgere senza l'aiuto dell'uomo.
  2. Riserve e Parchi nazionali. Sono aree istituite per proteggere e preservare l'integrità ecologica di uno o più sistemi.
  3. Monumenti naturali. Si tratta di aree caratterizzate da un elemento naturale, o culturale raro e perciò di notevole valore.
  4. Habitat e natura. Sono quelle aree dove viene garantita la sopravvivenza di specie considerate rare, a rischio di estinzione o minacciate e di comunità biotiche.
  5. Paesaggi protetti. Sono aree in cui la natura e la popolazione umana si devono integrare in maniera armonica.
  6. Siti mondiali della natura. Sono aree considerate patrimonio mondiale.
  7. Aree della Convenzione internazionale di Ramsar. Si tratta di zone umide adibite alla protezione della fauna acquatica.
  8. Riserve della biosfera. Si tratta di aree naturali da conservare per tramandarle alle generazioni future (fanno riferimento ad uno dei programmi dell'UNESCO) scelte dalla comunità mondiale e possono includere anche aree degradate dove si può sperimentare il recupero ambientale.

In ogni nostra regione geografica è possibile ammirare la magia delle oasi dove sono rappresentati quasi tutti gli ambienti naturali: si va dalle praterie alpine alle coste di gesso, dall'insieme di aree umide ai canyon (o gole selvagge), dalle cascate alle grotte, dai boschi planiziali alle foreste mediterranee. Oggi le oasi, se ben gestite, costituiscono la migliore soluzione per la protezione di aree naturali, per sperimentare modelli di sviluppo compatibile con la salvaguardia dell’ambiente, per la realizzazione di progetti di conservazione ad ampio respiro e di elevata efficacia, infine -ma non meno importante- esse rappresentano un habitat confortevole per la fauna alla scala territoriale.

I criteri per la definizione di un'oasi protetta

Quali sono i criteri per la definizione di un’oasi protetta? Affinché le aree naturali possano essere iscritte nell'apposito elenco ufficiale devono rispondere ad una serie di criteri come vedremo di seguito (Delibera del Comitato Nazionale per le Aree Naturali Protette del 1º dicembre 1993):

  • Esistenza di un provvedimento istitutivo formale pubblico o privato. Può trattarsi: di una legge o provvedimento equivalente statale o regionale; di un provvedimento emesso da altro ente pubblico; di un atto contrattuale tra il proprietario dell'area e l'ente che la gestisce nel quale siano specificate le finalità di salvaguardia dell'ambiente.
  • Esistenza di perimetrazione. Il perimetro dell’area protetta deve essere documentato da una cartografia.
  • Valori naturalistici. Presenza di formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche o gruppi di esse di rilevante valore naturalistico e ambientale (art. 1, comma 2 della Legge 394/91) e/o esistenza di valori naturalistici, così come previsto dall'art. 2 commi 2 e 3 della legge citata.
  • Coerenza con le norme di salvaguardia previste dalla Legge 394/91. Ciò riguarda, tra l'altro, l'esistenza del divieto di attività venatoria nell'area. Questo comporta che, nel caso di aree protette in parte delle quali viene esercitata l'attività venatoria, potrà essere iscritta nell'Elenco solamente la parte nella quale vige il divieto di caccia.
  • Gestione dell'area. Deve essere garantita una gestione da parte di Enti, Consorzi o altri soggetti giuridici; oppure la gestione può essere affidata con specifico atto a diverso soggetto pubblico o privato.
  • Esistenza di bilancio o provvedimento di finanziamento. Deve essere comprovata l'esistenza di una gestione finanziaria dell'area, anche se questa è solamente passiva.

Quali sono i soggetti titolati a presentare la domanda d’iscrizione all’elenco delle aree protette?

Il soggetto titolato è quello che ha istituito l'oasi, oppure il gestore provvisto di apposita delega.

Qual è la procedura per rendere effettiva la domanda?

Il soggetto titolato invia la richiesta all’ente nazionale preposto, in Italia è il MATTM, il quale a sua volta invia la documentazione in appositi formulari alla Commissione Europea (CE) per l’inserimento nell’elenco dei Siti d’importanza comunitaria (SIC), parte della rete Natura 2000. Attualmente l’ultimo elenco nazionale ufficiale delle aree protette (EUAP) dei SIC approvato dalla CE (con le Decisioni 2015/71/UE, 2015/69/UE e 2015/74/UE) è il VIII e risale al 3 dicembre del 2014. Esso comprende tutte le regioni “biogeografiche” tipiche del nostro territorio nazionale: alpina, continentale e mediterranea ed è direttamente applicato nel nostro ordinamento. Sottolineiamo che i SIC, sin dal momento della trasmissione della domanda da parte del MATTM, sono sottoposti alle tutele della Direttiva Habitat.
L'EUAP periodicamente viene aggiornato dal MATTM e raccoglie tutte le aree naturali protette ufficialmente riconosciute. 

Chi è titolato a gestire un’area protetta?

Ai sensi dell'art. 2.37 della L. 426/1998 "Nuovi interventi in campo ambientale" la gestione delle aree protette è affidata ad enti pubblici, istituzioni scientifiche, o associazioni ambientaliste riconosciute (frequentemente sono il WWF e la Legambiente) ammettendo anche la gestione integrata tra pubblico e privato delle stesse.

Attività ammesse nelle Oasi

L’accesso e la gestione alle oasi protette sono regolamentati da un Comitato tecnico scientifico, il quale stabilisce anche le caratteristiche della recinzione dei confini territoriali in modo da consentire la libera fruizione degli animali e invece scoraggiare l’intrusione di gente non autorizzata onde evitare la perturbazione della quiete della fauna insediata. Pertanto, le visite devono essere concertate con il custode, o gestore, e generalmente non sono a titolo gratuito, salvo in particolari occasioni.

All’interno delle aree protette i visitatori possono esercitare solo attività regolamentate come ad esempio: l’osservazione degli uccelli e della flora per report scientifici, la visione della liberazione della fauna medicata e la messa a dimora di piante acquatiche. Recentemente sono state ammesse, in via sperimentale, anche la coltivazione in orti botanici e l’agricoltura biologica.

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L'inanellamento degli uccelli

Un’attività scientifica molto importante è l’inanellamento degli uccelli, regolamentata a livello europeo dall'EURING (European Union for Bird Ringing) e nazionale dall'INFS (Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica), la quale può avvenire solo nelle oasi autorizzate e opportunamente segnalate. Lo scopo della marcatura (con un anellino di materiale durevole) di una zampa, o di un'ala, della specie di volatile minacciata d’estinzione è di tracciarne le rotte migratorie, e attraverso l’etologia determinarne anche lo stato di salute.

Questa attività, emozionante per chi la pratica e per chi la osserva, è fondamentale per la ricerca scientifica e quindi per la gestione sostenibile dell'ambiente (inclusa la regolamentazione dell’attività venatoria) ed è tanto efficace quanto più estesa è la rete delle oasi preposte all'inanellamento. Precisiamo che, all'oggi, la Direttiva Uccelli Selvatici non vieta l’attività venatoria, ma semplicemente la regola per renderla compatibile con le esigenze degli habitat.

Invitiamo a riflettere sui dati pubblicati recentemente dalla Bird Life nel rapporto “The Killing”: ogni anno, più di un milione di volatili sono ancora illegalmente uccisi da bracconieri e da cacciatori e risultano purtroppo a rischio circa 40 specie diverse di uccelli canori migratori. Pertanto ci chiediamo se oggi ha ancora senso attribuire alle attività di caccia e pesca la valenza sportiva e per quali ragioni.

La tutela ambientale tra virtuosismi e paradossi

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La prima oasi italiana è del WWF, si trova in Toscana ed è denominata Oasi del Lago di Burano.Fino al 1967 era una riserva di caccia, poi con l’acquisizione dei relativi diritti venatori (da parte del Consiglio del WWF) il suo destino cambia e diventa un'area di protezione degli uccelli.

È la prima delle oltre 100 oasi istituite dall'associazione ambientalista nell’arco di mezzo secolo in tutt’Italia. L'Oasi occupa una superficie di 410 ettari e si trova all'interno di un Sito d'Importanza Comunitaria (SIC IT51A0031) nel Comune di Capalbio. È anche una Zona di Protezione Speciale (ZPS IT51A0033) e della Convenzione RAMSAR per la tutela delle zone umide.

Il suo approfondimento è interessante dal punto di vista ambientale per l’implementazione di un progetto sperimentale su vasta scala definito “mineralizzazione forzata dei sedimenti” per la riduzione del carico organico e quindi dell’eutrofizzazione del lago retrodunale. Il progetto ha previsto la stipula di un Accordo di Programma -tra i vari enti pubblici coinvolti tra cui il MATTM, il Consorzio di Bonifica regionale e l’ARPAT- per il miglioramento dell’ecosistema.

Inoltre, l’Oasi è importante poiché ha inaugurato un magistrale modello di gestione delle aree protette nazionali, sancito nel 2007 con la creazione di un’entità giuridicamente autonoma denominata Società WWF Oasi. Il modello di gestione messo a punto - impiegando centinaia di persone- si prefigge di: conservare campioni rappresentativi di ecosistemi particolarmente rari, o minacciati d’estinzione, sensibilizzare ed educare in particolare le giovani generazioni alla salvaguardia ed al rispetto della natura, sviluppare adeguate ricerche scientifiche per la conservazione, sperimentare modelli di sviluppo compatibile con la salvaguardia dell’ambiente, creare un sistema territoriale di oasi confortevoli per la fauna e quindi rendere più attendibili i risultati dei ricercatori sullo stato di salute di tutti gli organismi viventi (sia selvatici che selezionati dall'umanità) in particolare di quelli in via d’estinzione che li si rifugiano dalla cementificazione insostenibile. 

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Un altro esempio virtuoso di gestione di aree protette che abbiamo il piacere di segnalarvi è quello messo a punto grazie ad un progetto europeo finanziato nel 2010 con un budget complessivo di 1,530,298.00 euro (il 50% dalla UE a fondo perduto). Il progetto denominato “LIFE Colli Berici Natura 2000” si è posto sin dal suo inizio l’obiettivo generale di sperimentare un modello di conservazione della biodiversità, attraverso un sistema di azioni mirate al ripristino e alla conservazione degli habitat naturali protetti nei Colli Berici (SIC IT3220037) e nella fattispecie delle praterie. Il consorzio è tutto veneto dal coordinatore -la Provincia di Vicenza- ai partner: Consorzio di Bonifica Riviera Berica, Servizio Forestale Regionale di Vicenza, Veneto Agricoltura. Oltre alle numerose pubblicazioni scientifiche su flora e fauna autoctone (scaricabili gratuitamente dal sito del progetto) il gruppo di ricerca ha raggiunto i seguenti importanti risultati:

  • sistemazione di 20 percorsi naturalistici (sentieri);
  • conservazione di prati aridi e tutela di aree di pregio floristico (microriserve botaniche);
  • protezione e conservazione delle cavità per favorire la presenza di chirotteri;
  • interventi selvicolturali di tutela degli habitat forestali (acero-tiglieti);
  • ripristino e conservazione di pozze d'acqua;
  • rinaturalizzazione di alcuni corpi idrici superficiali;
  • intervento pilota per il recupero di ex cave (Cava del Volto a Longare);
  • produzione vivaistica di specie vegetali minacciate per la conservazione ex situ e riqualificazione dell’habitat;
  • aggiornamento del formulario “Rete Natura 2000”.

Sempre in Veneto, merita di essere menzionata anche l'Oasi WWF Stagni di Casale “Alberto Carta” la quale gestisce ben tre aree protette tutte situate nella parte meridionale della città, in un raggio di pochi chilometri. 

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Istituita nel 1998, nell’omonima frazione di Casale, l’Oasi degli stagni “Alberto Carta”, è una delle ultime zone umide salvate dalla cementificazione nella provincia vicentina. Tra i principali fautori della sua nascita e crescita menzioniamo, oltre il Comune di Vicenza che ha acquisito i terreni ed attuato i lavori di riqualificazione ambientale, i volontari del WWF che da lustri dedicano anima e corpo alla sua conservazione, primo fra tutti il compianto Alberto Carta (1962-1992), colui che pose le basi per salvare l’area dall’impietoso destino di discarica abusiva e alla memoria del quale è dedicata. 

Oggi l'Oasi occupa una superficie di 24 ettari ed è tutelata in quanto è stata riconosciuta sia area SIC (IT3220005) che ZPS (IT3220005). Al suo interno  si trovano: un centro visite (dotato di un’aula attrezzata per attività culturali) e una torretta di avvistamento per ricercatori e fotografi. All’interno del fitto canneto, un articolato percorso in legno (di oltre cento metri adatto a disabili) e i capanni dislocati lungo esso offrono interessanti punti per l’osservazione delle specie protette. La peculiarità dell'Oasi sono gli stagni didattici, di formazione artificiale poiché l’area -fino agli anni 80- era sfruttata come cava dell'argilla. L’intera Oasi è dotata di segnaletica (foto successiva) per l’identificazione delle specie ed è una stazione autorizzata per l’inanellamento dell’avifauna. 

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L'Oasi della Valletta del Silenzio è situata nella Stradella della Rotonda, a pochi chilometri da rinomate mete turistiche come le ville La Rotonda del Palladio e Valmarana ai Nani. Creata nel 1994, su iniziativa del Comunale di Vicenza, all’interno di una vallata pianeggiante cinta dalle ultime propaggini settentrionali dei Colli Berici, occupa una superficie di 4.200 metri quadrati. Nel 2014 è stata oggetto di un importante intervento di valorizzazione e di ripristino paesaggistico-ambientale sovvenzionato grazie a finanziamenti pubblici per un totale di 115.000 euro, di cui il 63,5% a carico della Regione Veneto (fondo UE strutturale erogato mediante il PSR). La sua peculiarità sono gli orti didattici progettati dal dottore forestale M. Vivona e dall’architetto paesaggista L. Dal Brun. L’Oasi è attrezzata con aree di sosta per pic-nic e segnaletica didattica che include anche la visita al laghetto. (Nella foto successiva, da sinistra a destra: l’assessore comunale all’ambiente e il custode dell’Oasi degli stagni di Casale, il biologo Lorenzo Stefani).

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Il Bosco del Quarelo raggiungibile da viale Sant’Agostino lungo via Ponte del Quarelo.  La sua area si estende per 9 ettari verso l’autostrada A4, tra i corsi d’acqua Cordano e Selmo. Nel 2007 è stata riqualificata paesaggisticamente grazie a circa 40.000 euro provenienti dal tesoretto autostradale e dai fondi regionali. Da questa suggestiva area verde origina un ampio percorso che, sviluppandosi verso Gogna, consente di raggiunge la passerella e il parco del Retrone, un tragitto di quasi 7 chilometri. Quest’ultimo rappresenta un’amena alternativa naturalistica collinare destinata in futuro ad essere collegata con la menzionata Oasi della Valletta del Silenzio.

Il parco di Boldara è l’esempio di come, all’interno della stessa regione Veneto, la differenza tra una buona e una cattiva gestione della cosa pubblica dipenda in larga misura dal differente grado di  sensibilità e di etica degli amministratori delle pubbliche amministrazioni. La genesi del parco merita di essere raccontata con le parole del suo fondatore Claude Andreini (nella foto successiva) e attuale presidente dell’omonima associazione Un Parco Per Boldara (UPPB) con la speranza di contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica verso l’importanza di ridurre al minimo la frammentazione delle aree naturalistiche ai fini della proliferazione delle specie autoctone e ad incoraggiare la denuncia di qualsiasi pratica contraria alla salvaguardia dell’ambiente naturale. 

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La storia comincia nell’autunno del 1989, quando il fotografo italo belga, Andreini, inizia il faticoso lavoro di recupero paesaggistico-ambientale di una zona abbandonata a se stessa e da anni destinata a discarica abusiva, supportato dalla sua famiglia e dall’architetto Paolo De Rocco (1950 -2012). Nel 1995 il nostro fonda a Gruaro l’Associazione UPPB, installa le prime schede botaniche didattiche e inaugura le passerelle sopra la roggia Battiferro.

L’area è fruita anche dalle associazioni locali di pesca sportiva che vi organizzano gare con effetti devastanti sull’ecosistema di fronte ad un silenzio assordante da parte della pubblica amministrazione locale (presieduta paradossalmente da un sindaco architetto), la quale si dimostra insofferente verso le opere di volontariato per la tutela dell’area piuttosto che le attività di pesca sportiva e caccia. Andreini, in qualità di presidente dell’associazione UPPB, per contrastare il perpetrare dello scempio, ante e post, le gare indette dalle associazioni sportive -dopo invani tentativi di richiesta di tutela- si vede costretto ad azioni eclatanti di disturbo durante ogni gara sportiva.

Tali azioni, purtroppo gli costeranno una denuncia sui giornali per disturbo delle competizioni sportive e un serio attentato vendicativo, fortunatamente senza gravi danni alla sua persona, ma distruttivo nei confronti delle sue opere (le passerelle di collegamento con Portovecchio sul fiume Lemene, la rotta dei mulini del grano) e così viene dimezzata la passeggiata naturalistica. Dopo ben 30 anni d’incessanti e vandaliche competizioni sportive, nel fiume rimangono solo le trote da gara (seminate appositamente) e la situazione ambientale è anche compromessa dal malfunzionamento del depuratore di Gruaro. Inoltre, per palesi interessi elettorali, la Provincia di Venezia regala la gestione delle rive restaurate (a spese dell’UPPB) alle associazioni di pesca sportiva.  

Nel 2002, sotto la dicitura di “percorso ciclo pedonale”, l’amministrazione comunale di Gruaro (diretta dal sindaco Gasparotto) autorizza l’apertura di un cantiere lungo la riva destra del Lemene a Boldara. In mezza giornata, in un assordante silenzio delle istituzioni e delle associazioni ambientaliste locali, il magnifico bosco naturale -costeggiante per circa 400 metri il fiume Limene- scompare inesorabilmente sotto i dirompenti cingolati delle ruspe. Sia i cantieri che le gare di pesca vengono autorizzate anche durante il periodo di nidificazione degli uccelli acquatici.

Per tali ragioni, la UPPB denuncia le autorità responsabili per una gestione inappropriata del territorio pubblico (ormai riconosciuto di grande valore botanico e faunistico) e quindi per favorire pratiche sportive deleterie per l’habitat naturale. Inoltre, per non perdere un importante bacino elettorale, il Comune di Gruaro evita di multare i gruppi di pescatori sportivi nonostante sia ormai pubblicamente noto il loro nefasto modus operandi: abbattimento e avvelenamento abituale della vegetazione per agevolare i percorsi dei pescatori durante le gare abusive lungo le rive del fiume compromettendo la nidificazione (vedasi foto sottostanti).

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Gli atti di vandalismo nei confronti dell’UPPB s’intensificano: 100 schede botaniche didattiche vengono irrimediabilmente distrutte, abbandonate importanti quantità d’immondizia all’interno del parco di Boldara, il quale viene anche usato come vespasiano pubblico. Nell’arco di 30 anni la famiglia Andreini ha speso l’equivalente di 25.000 euro a cui vanno sommati tempo e salute sacrificati. Tuttavia, Andreini è felice per gli importanti risultati gratificanti anche se molti lavori realizzati hanno durata limitata perché la natura è viva! 

Con l’aiuto di un gruppo di giovani volontari di Cordovado sono state eliminate le specie infestanti e quelle alloctone (rovi, acacie), reintrodotta la vegetazione localmente molto rara (pado, carici, querce, frassini ossifilli, spino nero, tiglio selvatico, carpino, corniolo, ciavardello, pero e melo selvatico, nespolo, sorbo degli uccellatori, lantana, aglio orsino, carici vari,) recuperate preziose zone umide -sottraendole all’agricoltura intensiva o alle speculazioni urbanistiche- attirato il ritorno della fauna caratteristica (martin pescatore, poiana e scoiattoli) e la stabilizzazione di altre specie più diffuse localmente (germano, tuffetto e folaga).  

Il risultato più incoraggiante arriva però nel 1996: la zona diventa un’Oasi di Protezione della Fauna (n. 2 “Boldara di Portovecchio”) con un’estensione di 136 ha ai sensi della L.R. 1/2007, Piano Faunistico e Venatorio. Inoltre, nel 2003 parte dell’area del parco di Boldara viene inserita nell’elenco delle Zone di Protezione Speciale (IT3250012 - “Ambiti fluviali del Reghena e del Lemene – Cave di Cinto Caomaggiore”) ai sensi della Direttiva “Uccelli” (2009/147/CE) ed entra a far parte della Rete Natura 2000 della UE. Successivamente, nel 2004 l’intera Oasi del Parco di Boldara viene considerata un Sito d’Importanza Comunitaria (IT3250044 “Fiumi Reghena e Lemene - Canale Taglio e rogge limitrofe - Cave di Cinto Caomaggiore”), ai sensi della Direttiva “Habitat” (92/43/CE). 

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Concludendo, riconosciamo al presidente Andreini, oltre all’altruistica iniziativa di promozione del parco di Boldara come meta turistica (ormai riconosciuta da migliaia di visitatori, tra cui numerose scolaresche) anche i seguenti encomiabili meriti: coinvolgimento dell’associazione locale dei cacciatori nella trasformazione del territorio in oasi protetta, eliminazione dalla cartografia delle gare di pesca sportiva della riva sinistra del Lemene, creato le premesse per la nascita, nelle vicinanze, di un agriturismo e valorizzazione del tracciato di Giralemene. Infine, è sua anche l’idea di usare il parco come amena cornice per eventi artistici (mostra fotografica Artinbosco) per avvicinare la gente alla natura.

Nonostante le continue pressioni da parte dell’UPPB, con l’appoggio del WWF, e gli elencati riconoscimenti conseguiti a livello ambientale, all'oggi rimangono ancora irrisolte due importanti minacce per la salvaguardia del prezioso habitat: la Provincia di Venezia persiste ad autorizzare gare sportive senza richiedere una previa Valutazione d’Incidenza Ambientale (obbligatoria per qualsiasi intervento perturbante le aree SIC e ZPS) e, infine, il nuovo proprietario di un fondo -costeggiante il fiume Lemene a monte del vecchio mulino- avendo unidirezionalmente proibito la manutenzione del percorso naturalistico ne ha, di fatto, compromesso l'agibilità. Purtroppo i rovi hanno ripreso il possesso di parte di esso creando un’impenetrabile maglia intrecciata ai rami e agli alberi caduti. 

In ultima istanza, facciamo da eco dunque al messaggio di preoccupazione del presidente Andreini per le sorti di quasi un chilometro di percorso paesaggisticamente restaurato -con molta dovizia e fatica- affinché l'ente pubblico possa interessarsi alla vicenda e manifestare la concreta volontà di giungere ad un accordo sostenibile di gestione ambientale.

Casa in Catalogna: magazzino agricolo o moderna abitazione?

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In Catalogna nei pressi del piccolo villaggio di Camallera - Spagna - è possibile scorgere Casa MMMMMS che appare da lontano come un tradizionale magazzino agricolo collocato a guardia della campagna circostante. In realtà si tratta di una nuova costruzione realizzata dallo studio di progettazione Anna & Eugeni Bach con l’intento di adeguarsi al contesto storico e ambientale rispettando la tipologia edilizia delle vecchie case contadine e utilizzando i materiali locali.

Il recupero di un vecchio magazzino a Londra

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Il progetto di casa MMMMMS

Il progetto nasce dall’evoluzione del caratteristico edifico rurale dalle linee semplici: un parallelepipedo con copertura a doppio spiovente. Un lungo corridoio centrale è la spina dorsale della casa su cui si affacciano i diversi ambienti dai soffitti molto alti. A una estremità è collocata la zona notte costituita da tre stanze da letto, i relativi servizi e la camera padronale con il bagno privato, mentre dal lato opposto è situata la zona giorno disposta su due livelli. A questa estremità la casa è conclusa da una pedana rialzata rispetto al giardino, naturale continuazione del soggiorno verso l’esterno, e da un terrazzo posto al livello superiore. Una struttura metallica, che ricalca il profilo del volume dell’edificio, reinterpreta il tema della pergola.

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Gli spessi muri rivestiti in pietra locale sapientemente coibentati permettono di mantenere il comfort termico nelle diverse stagioni. In inverno una stufa a legna ad alta prestazione, collegata ai pannelli solari, che contribuiscono alla produzione di acqua calda sanitaria, riscalda gli ambienti. In estate la ventilazione naturale, realizzata posizionando delle aperture strategiche per favorire l’effetto camino, ha permesso di evitare l’istallazione del sistema di condizionamento. Inoltre, l’acqua piovana, recuperata dalle coperture, viene raccolta in un serbatoio ricavato nel sottosuolo e utilizzata per gli scarichi dei bagni e per l’irrigazione del giardino.

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Grattacieli in legno. Nuovo record per Oakwood: sarà il più alto del mondo

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I primi giorni di aprile, al sindaco di Londra Boris Johnson è stato presentato un progetto che potrebbe cambiare lo skyline della città diventando il secondo grattacielo più alto di Londra e il grattacielo in legno più alto del mondo. Si tratta di Oakwood Tower Barbican, progettato dallo studio PLP Architecture.

FRAMEWORK TOWER, IL PIÙ ALTO GRATTACIELO IN LEGNO DEGLI USA

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Oakwood, una torre in legno di 300 m di altezza, segnerà la svolta non solo nel panorama dei cieli di Londra, ma anche nella storia dei grattacieli in legno mai costruiti (superando anche alcuni progetti in via di realizzazione).

“L’uso del legno potrebbe trasformare il modo di costruire di questa città” afferma Kevin Flanagan (partner dello studio PLP Architecture).

Il legno per gli edifici alti

Il legno è la risorsa naturale, ecologica e rinnovabile più diffusa al mondo, uno dei primi materiali ad essere stati utilizzati in architettura e forse uno dei primi ad essere stato sostituito troppo presto da quelle che un tempo sembravano le “tecnologie del futuro” (acciaio, ferro e cemento). Proprio per le sue potenzialità è stato da sempre un materiale affascinante per i costruttori poiché permette di ridurre i tempi di produzione e costruzione, ma soprattutto permette un recupero ed un riciclo così da poter attribuire all’edificio un suo ciclo di vita.

Dimostrazioni concrete di “risparmio” energetico ne abbiamo basandoci sui dati certi del Forte Building di Melbourne, il grattacielo in legno che ad oggi possiede il primato mondiale per il suo tipo di struttura: secondo gli studi del Royal Melbourne Institute of Technology, l’edificio ha 1.400 tonnellate in meno di emissioni di CO2 rispetto ad una classica costruzione in acciaio o cemento.

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Oakwood, un grattacielo in legno per Londra

Il progetto di Oakwood prevede un’estensione in verticale di circa 300 mt (80 piani in totale) che va ad integrarsi al celebre centro culturale e residenziale Barbican, a nord di Londra. La struttura sarà in legno lamellare incrociato, spesso utilizzato per questo tipo di edifici (proprio nella città di Londra è presente The Cube, altro famoso edificio realizzato con la stessa tipologia costruttiva) e ospiterà al suo interno più di 1000 abitazioni per un totale di 100 mila mq.

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Oakwood Tower Barbican vede coinvolti, oltre al gruppo di architettura PLP Architecture, gli ingegneri Smith & Wallwork e i ricercatori dell’Università di Cambridge, i quali assicurano la reale possibilità di costruzione e hanno verificato che gli standard anti-incendio previsti sono addirittura superiori a quelli di un equivalente grattacielo in acciaio.

Se alla fine questo progetto verrà realizzato, segnerà un nuovo punto di inizio per la nuova era delle costruzioni in legno, facendo si che questo materiale si affermi definitivamente nel campo degli edifici alti. 

Parc du Peuple: la riqualificazione della periferia parigina parte dal verde

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Carrières-sous-Poissy è un sobborgo abbandonato di Parigi che sta rinascendo grazie alla creazione di un parco ecosostenibile, spazio di gioco ed educazione: Parc du Peuple de l’Herbe, reso possibile grazie al LIFE+ SeineCityPark, un programma istituito dalla Commissione Europea per che prevede la riqualificazione verde della periferia parigina con la creazione di una rete ecologica di 5 parchi.

In copertina: Parc du Peuple de l’Herbe, immagine di © Agence TER

PERIFERIA PARIGINA: IDEE PER LA RIQUALIFICAZIONE DELLE BANLIEUES

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La riqualificazione del sobborgo Carrières-sous-Poissy, in cui si trova il parco du Peuple de l’Herbe, è iniziata nel 2011 con riqualificazione dell’ hinterland parigino. L’idea è quella di connettere la periferia di una grande città come Parigi, attraverso un sistema di trasporti efficienti, cercando di ridurre le difformità di ogni genere. Tra i vari metodi per portare al minimo queste disuguaglianze, vi è quello di creare spazi vivibili a misura d’uomo, o meglio di bambino, anche in luoghi che per troppo tempo sono stati “abbandonati”.

caption: Tipiche abitazioni del luogo, foto di Laurent Schneiter.

Il parco du Peuple de l’Herbe

Ci troviamo a circa 30 km a nord di Parigi, in corrispondenza di un’insenatura della Senna, da un lato sorge il famoso quartiere borghese di Saint-Germain-en Laye e la celebre Ville Savoye di Le Corbusier e dall’altro troviamo piccoli e modesti insediamenti abitativi. Un estensione di più di 100 ettari tra paesaggi naturali e città.

Il progetto dei paesaggisti di Agence TER prevede spazi di gioco e relax alternati a passerelle per camminare liberamente tra alberi e arbusti. Grazie ad un concorso di idee per la progettazione delle strutture permanenti per il parco, si sono aggiunti alla progettazione i due studi vincitori: lo studio svizzero HHF Architects e lo studio parigino AWP.

In accordo con l’abitato esistente della zona, seguendo un approccio di volumi modulari, gli architetti hanno creato un volume a pianta pentagonale in legno prefabbricato. La scelta del materiale è ricaduta proprio sul legno, questo ha consentito di contenere il costo delle costruzioni (sono stati spesi 25 milioni di euro per l’intero complesso) ma soprattutto di poter avere la massima libertà nel combinare i vari elementi tra di loro. I vari blocchi pentagonali possono essere uniti tra loro per creare sempre forme diverse, è questo il caso della struttura principale: uno spazio polivalente costituito da 5 blocchi pentagonali che può ospitare mostre e proiezioni ma anche corsi o performance teatrali.

Criteri ed obiettivi di un parco ecosostenibile

Parc du Peuple de l’Herbeè stato definito un parco ecosostenibile, ecco alcune delle strategie che sono state adottate nella progettazione.

  • Valorizzare e rendere vivibile e visibile la flora e la fauna del luogo, ci troviamo all’interno di un importante parco regionale con aree di particolare interesse naturalistico che vengono sfruttate dal pubblico. Per questo è stata molto importante la progettazione al livello del suolo, è stato inserito un grande impianto di fitodepurazione del terreno per mantenere in buona salute tutte le piante.

caption: La flora del parco e la Senna, foto di Laurent Schneiter.

  • Valorizzare il parco mettendo a disposizione delle persone sia aree per il relax che passerelle in legno in cui si può passeggiare e godere della natura e della biodiversità del luogo senza danneggiarla.

caption: Passerelle nel parco, © Agence TER

  • Collaborazione tra soggetti promotori e architetti: il Dipartimento di Yvelines e la Communauté d'Agglomération des 2 Rives de Seine ( CA2RS ) sono due tra i più grandi promotori di alcuni edifici all’interno del parco: la Casa degli Insetti e l’Osservatorio.

caption: L’Osservatorio, immagine di © AWP.

  • Promozione e sensibilizzazione: uno tra i vari scopi del parco è proprio quello di far conoscere alle scuole il bellissimo posto che hanno a disposizione, per questo alcune costruzioni come la Casa degli Insetti hanno anche uno scopo didattico.

caption: Edifici pentagonali sospesi, immagine © Agence TER

Costruzione partecipata della Biblioteca dei Bambini Njoro

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La Biblioteca dei Bambini Njoro si trova a Mailisita, sulle pendici del monte Kilimanjaro. L'area si trova in un luogo piuttosto isolato e la scuola elementare nella medesima località aveva bisogno di poter svolgere tutte le sue funzioni in modo efficiente senza l'uso di energia di rete. 

Il progetto di costruzione partecipata per completare le strutture scolastiche in Tanzania è stato intrapreso da Patricia Erimescu in collaborazione con la ONG locale Excel Education Foundation. 

Africa: la biblioteca progettata da Mario Cucinella

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Mailisita è situata sulle pendici del monte Kilimanjaro, a circa 10 km alla città di Moshi (Tanzania) ed è caratterizzata annualmente dall'alternanza di una stagione di siccità  e di una stagione delle piogge. La zona ha un clima tropicale umido e secco ed è conosciuta per le vaste aziende agricole di mais e fagioli, coltivate una volta all'anno durante la lunga stagione piovosa.

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Gli obbiettivi del progetto partecipato

Si tratta di un progetto partecipato realizzato da soggetti locali e volontari. La Biblioteca dei Bambini Njoro mira a promuovere l'istruzione e coinvolgere bambini, genitori, insegnanti, locali e volontari internazionali a partecipare alla costruzione di un luogo in cui gli studenti possano leggere e studiare.

La scuola primaria è al servizio di ben 408 bambini di Njoro e di allievi provenienti da altre tre località nella zona circostante: la biblioteca svolge una funzione essenziale perchè fornisce agli alunni l'accesso ai libri e alla lettura in una regione in cui la maggior parte di essi non possiede libri a casa.

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L'architettura delle opere prende in prestito dalla cultura della Tanzania gran parte delle strategie della tradizione edilizia locale ed ha coinvolto i suoi stessi utenti nel processo di realizzazione per assicurarsi di soddisfare le loro esigenze specifiche. Materiali e metodi di costruzione, familiari per costruttori locali, facilitano la realizzazione delle strutture che si inseriscono nel loro contesto naturale e riescono a rispondere anche alle esigenze climatiche prevalenti.

L'obiettivo di questo progetto non è solo una biblioteca ben funzionante, ma anche un’offerta per gli studenti e la popolazione locale: l'opportunità di poter partecipare alla realizzazione dell’opera potendone apprendere i processi costruttivi. Il processo di costruzione in sé ha un ruolo importante nello sviluppo sostenibile dell’edilizia e, a livello locale, è un incentivo per conoscere e diffondere le tecniche di costruzione tradizionali attraverso la costruzione partecipata con la gente del luogo, gli artigiani e i volontari coinvolgerli in tutte le fasi di cantiere. 

Oltre a questo, il coinvolgimento di tutta la comunità nel progetto è importante, non solo perché costruire insieme fa parte di uno dei principi della tradizione locale, ma anche perchè contribuisce a formare un senso di responsabilità comune per il mantenimento futuro della biblioteca.

Materiali e tecniche costruttive

Il livello della biblioteca - con un ingresso nascosto - è stato in gran parte ispirato dalla casa tradizionale Masai, una tribù tipica della zona. L'ingresso è situato sul lato del cortile e si sviluppa nella direzione del percorso principale.

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L'edificio è realizzato con diversi tipi di blocchi in terra pressata realizzati dalla gente del posto e dai volontari, blocchi di cemento riciclati da un vecchio edificio abbandonato e blocchi di argilla.

Uno dei criteri principali per la realizzazione è stato l'uso di risorse e materiali locali per ottenere un edificio economico e sostenibile che si integri nel paesaggio e si adatti ai metodi di costruzione tradizionali locali. 

Grazie all'uso delle moderne tecnologie edilizie di base e quella delle locali tecniche costruttive si è riusciti a trovare delle soluzioni altamente performanti e a bassissimo impatto ambientale ed economico.

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Le pareti sono rivestite di un intonaco a base di terra che isola la struttura. Inoltre un sistema costituito da un telaio di legno e lamiere corrugata isola la struttura della copertura. I materiali sono stati selezionati sia per la loro capacità di fungere da massa termica che per la loro disponibilità in loco. Dato che nell'area le temperature possono raggiungere livelli assai elevati l'obiettivo principale è stato quello di mantenere il fresco all'interno dell’edificio grazie alla  costruzione di muri fatti con materiali dotati di elevata massa termica, come ad esempio le murature in calcestruzzo e quelle in terra pressata.

Pavimentazione del giardino: idee e suggerimenti nel rispetto della natura

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I giardini interamente verdi, quelli in cui c’è solo prato, erba alta o piante e fiori dappertutto, sono indiscutibilmente suggestivi, ma non sempre la scelta di tutti. Infatti, per quanto un giardino in cui prato, alberi e piante non lasciano spazio ad altro sia affascinante, non è dei più pratici da fruire, non tutto l’anno almeno. In estate, quando il terreno è per lo più secco, può risultare polveroso mentre in inverno le piogge possono renderlo fangoso. Certo, affidandosi al giusto professionista in grado di consigliare la giusta erba, il terreno, il modo in cui bagnarlo, trattarlo tutto l’anno, si riuscirà a far fronte a questi problemi, ma abbiamo provato ad affrontare la questione da un punto di vista architettonico e pensato a qualche idea per una pavimentazione discreta e non invasiva, rispettosa del verde.

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Si tratta per lo più di suggerimenti per camminamenti: dei percorsi che aiutino nella fruizione del giardino senza soffocarlo. Nonostante ciò, le idee che seguono possono essere sfruttate anche se si preferisce pavimentare un’intera area, come quella del pranzo, e ricoprire una superficie pari all’ingombro di tavoli e sedie, incluso lo spazio per circolare intorno ad essi. 

Idee per la pavimentazione del giardino

Aggiungere un po’ di pavimentazione al giardino, in modo puntuale, rispettando la vegetazione, evitando di creare lastricati caldissimi d’estate e poco attraenti d’inverno, potrebbe contribuire a renderlo più fruibile e spingerci a goderne di più.

Di seguito delle idee e suggerimenti per la pavimentazione del giardino. 

Pavimentazione puntuale in giardino

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Una possibilità per rendere il giardino più “passeggiabile” senza soffocare il prato con la pietra è quella di collocare dei blocchi di pietra in maniera puntuale, magari enfatizzando dei percorsi preferenziali. L’ideale sarebbe utilizzare della pietra di scarto di vecchi cantieri o le cordonate di pietra dura che risultano dallo smantellamento di vecchi marciapiedi. La linearità delle cordonate aiuta a definire i percorsi e può essere sfruttata per dare l’impressione che il giardino sia più largo o lungo a seconda che le pietre siano collocate nel senso della larghezza o della lunghezza.

Patterns di pietra tra l’erba

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I quadroni di pietra disposti l’uno accanto all’altro in una griglia larga a scacchiera (con spazi in cui cresce l’erba tra una pietra e l’altra) non sono più una novità. Certo però, restano un buon compromesso tra il prato nudo e un lastricato in pietra perché, lasciando al prato lo spazio di crescere tra i quadroni, fanno sì che l’acqua piovana trovi una superficie non impermeabile attraverso la quale giungere al terreno (leggi di più sui Rain Gardens).

È possibile sfruttare tutti i vantaggi di questo sistema di pavimentazione tradizionale dandogli una svolta originale con un semplice accorgimento: quello di ruotare i quadroni a 45 gradi in modo che le fughe non siano nella stessa direzione del percorso ma ruotate per metà angolo retto rispetto ad esso. È un’attenzione minima, richiede il minimo sforzo ma è estremamente efficace per donare un tocco di originalità al giardino.

Ciottoli e sassolini per percorsi sinuosi

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Soprattutto in prossimità del mare, fiumi o laghi, in cui si trovano con facilità, ciottoli e sassolini possono risultare un’idea per la pavimentazione dei percorsi del giardino. Ciottoli e sassolini possono essere assemblati a piacimento per creare percorsi sinuosi e forme non necessariamente geometriche anche senza la necessità di macchinari per il taglio, indispensabili invece nel caso in cui forme non standard vogliano essere adottate per un pavimento in pietra. La superficie non perfettamente regolare che ne deriva, può risultare sconveniente per persone con difficoltà motorie.

Pavimento in legno in giardino

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Optando per il legnoè difficile sbagliare. Molti credono che il legno si adatti soltanto alla pavimentazione di aree interne, eppure, se correttamente trattato e mantenuto, ha ottime performance anche se applicato all’esterno. Le essenze più diffuse per la pavimentazione per esterni sono le latifoglie a durame concentrato e le conifere, che contengono naturalmente tannini e oli essenziali che impediscono l’attacco di insetti xilofagi, la crescita di funghi e la formazione di muffe.

Installato su supporti che lo sollevano dal terreno, il pavimento in legno può essere anche sfruttato per creare diversi livelli e rendere il giardino più interessante. La zona ad un livello superiore rispetto a quello del giardino può essere usata come zona pranzo o solarium.

Trovi tutte le imprese specializzate in progettazione giardini su guidagiardini.it.

Progettazione passiva: la sfida di un modulo abitativo itinerante

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Biophera 2.0 è un progetto ambizioso che riguarda la realizzazione di un modulo abitativo in grado di assicurare il comfort indoor e di adattarsi alle esigenze di chi ci vive, producendo l’energia necessaria in modo completamente autonomo.

La sfida nasce da un’idea di  ZEPHIR-Passivhaus Italia e si sviluppa grazie al lavoro fatto dal Politecnico di Torino DAD insieme all’Università della Valle d’Aosta, Vallèe d’Aoste Structure, gli enti certificatori Zephir, Minergie e PEFC  ed è patrocinato dalla Regione Valle d’Aosta e dal Comune di Courmayeur. Hanno inoltre permesso la sua realizzazione importanti aziende nazionali ed internazionali.

MODULI ABITABILI: LA CASA SU RUOTE ÁPH80

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Biosphera 2.0 ha inizio con un concorso promosso dal gruppo Woodlab (progetto culturale che si sviluppa all’interno della facoltà di architettura del Politecnico di Torino e che si propone di diffondere l’utilizzo del legno) insieme alla start-up Be-Eco (che si occupa di bio-edilizia), al quale hanno partecipato 100 tra studenti di architettura e ingegneria delle università italiane, a cui è stato chiesto di ipotizzare un concept di modulo abitativo itinerante da realizzare seguendo i principi della progettazione passiva.

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Il modulo abitativo itinerante vincitore del concorso

Tra le 15 proposte presentate, una è stata quella vincitrice del concorso -ideata da sei studenti del Politecnico di Torino- ed è stata utilizzata per tracciare le linee guida del progetto.

Il concept vincitore consiste in uno schema semplice dal carattere innovativo: si tratta di un modulo di appena 25 mq realizzato con tecnologie all’avanguardia. Il modulo si sviluppa secondo una pianta rettangolare in cui trovano spazio  gli ambienti principali di un’abitazione quali la zona notte, il bagno, l’angolo cottura, lo spazio per il relax e al centro un cavedio tecnico necessario per il funzionamento di questa casa così particolare.

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Il modulo abitativo realizzato è quindi una casa passiva in grado di assicurare il benessere indoor, capace di funzionare in tutti le condizioni atmosferiche mediante un comportamento adattivo rispetto al contesto climatico in cui è inserita. Per dare valore a tale peculiarità, il progetto Biosphera 2.0 si arricchisce di un aspetto molto originale, infatti non si ferma alla costruzione del prototipo, ma il progetto stesso diventa itinerante!

Il viaggio ha avuto inizio lo scorso febbraio 2016 e si concluderà a febbraio 2017, spostandosi in sei luoghi: Courmayeur, Aosta, Milano, Rimini, Torino, Lugano, e sarà abitato da 24 abitanti che hanno la possibilità di raccontare la loro esperienza nella casa direttamente sul blog del sito. 

L’esperienza itinerante di Biosphera 2.0 tende quindi ad uno scopo importante: mostrare che è possibile un altro tipo di abitazione, libera dalla superfetazione degli impianti termici che nel tempo, nelle nostre case, si sono sommati a loro stessi con l’obiettivo di avvicinarsi al sogno del benessere termico indoor; e quand’anche sia stato raggiunto, probabilmente avrà prodotto un consumo di energia esagerato. Energia generata presumibilmente da fonti non rinnovabili. 

Il progetto del modulo passivo

Nello specifico, il modulo è realizzato mediante una struttura portante in legno (certificato Pefc), mentre l'involucro è costituito da una parete ventilata con isolante in lana di roccia. Le superfici vetrate sono realizzate con serramenti in legno e alluminio con triplo vetro, e sono dotate di tende oscuranti come schermature esterne. Il fotovoltaico in copertura e l'utilizzo della ventilazione meccanica controllata rappresentano gli impianti dell'abitazione.  

All’interno ogni dettaglio -anche relativo alla tipologia degli elettrodomestici e dell’illuminazione- è concepito con attenzione ed è inserito con una logica importante, cioè quella secondo cui un progetto è completo quando ogni elemento che lo costituisce non potrebbe che essere quello che è, e non potrebbe trovarsi in un posto diverso. Questa logica, nel processo di realizzazione di una casa passiva è sostanziale, in quanto pone al centro il tema della progettazione integrata

Il monitoraggio del progetto

Biosphera 2.0 però si spinge ancora oltre. In questa fase di sperimentazione infatti ci sarà un’importante attività di monitoraggio che riguarda:

  • La reazione del modulo abitativo ai climi e alle condizioni atmosferiche più varie (è assicurata una temperatura interna pari a 21 gradi centigradi d’inverno, e 25 gradi centigradi d’estate);
  • Lo stress ambientale attraverso la valutazione dei livelli di inquinamento acustico e atmosferico, soprattutto quando il prototipo si troverà in città come Milano e Torino;
  • La qualità della vita all’interno di Biosphera 2.0. Ogni abitante sarà infatti dotato di un braccialetto (sviluppato dalla società Empatica) che dovrà monitorare costantemente parametri quali frequenza e battito cardiaco, temperatura corporea, attività elettrotermica.

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In altri termini, l’efficacia del progetto sarà ininterrottamente controllata, e quindi supportata da riscontri scientifici, oltre che dalle esperienze degli ospiti della casa. Questo aspetto è fondamentale perché rappresenta la volontà di percorrere in modo deciso una nuova strada, con l’obiettivo di mostrare quale possa essere la potenzialità di un edificio passivo, in cui mancano i classici impianti termici, provando a superare l’aspetto forse più difficile da affrontare: ovvero il fattore abitudinario.

La sfida è ambiziosa, ma ci auguriamo che questo anno di viaggio della Biosphera 2.0 possa raggiungere il suo obiettivo e mostrarsi capace di un nuovo modo di abitare, quello del futuro!

Lezioni di moda sostenibile: EcoChic Design Award

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Ogni anno ad Hong Kong si svolge EcoChic Design Award, il concorso per stilisti emergenti e studenti che ha l’obiettivo di premiare il concorrente che maggiormente è in grado di coniugare alta moda ed ecosostenibilità. L’evento mette a disposizione sul suo sito web una serie di lezioni attraverso articoli e video sul tema dell’impatto ambientale da parte industria tessile, di grande interesse anche per chi non è un grande amante della moda.

MODA SOLIDALE: OCCHIALI DA SOLE DA SKATEBOARD

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EcoChic Design Award è organizzato da Redress, una ONG ambientalista che lavora per ridurre gli sprechi nel settore della moda educando e ispirando gli stilisti emergenti, informando i consumatori e cercando di cambiare l’industria della moda dalle radici.

L'evento non è un semplice concorso di idee, ma consiste in un ciclo di workshop e lezioni della durata di diversi mesi, in cui i designer compiono un percorso di educazione teorica e di progettazione. I concorrenti vengono educati su diversi temi, tra cui: il gravoso impatto sull’ambiente da parte delle industrie tessili, le più efficaci tecniche per ottenere delle lavorazioni sostenibili prive di scarti di tessuto o che ne permettano il riutilizzo.

Quando gli studenti hanno raggiunto un buon grado di consapevolezza sulle numerose applicazioni della moda ecosostenibile, essi sono chiamati a mettere in pratica tutto ciò che hanno appreso e a creare la propria collezione“eco chic”. Il concorrente che più avrà saputo fondere lo stile con la sostenibilità ambientale, verrà premiato con l'EcoChic Design Award ricevendo una grande visibilità al livello internazionale e con riconoscimenti di carriera, al fine di poter contribuire a cambiare gli ordinari modelli della moda.

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Il vincitore dell'ultima edizione di EcoChic

L’edizione 2015/2016 di EcoChic è stata vinta dalla giovane stilista polacca Patrycja Guzik, la quale ha dato vita ad una linea di abiti ispirati al tema del “paradiso in terra”, realizzati con indumenti di seconda mano e tessuti deteriorati. Attraverso le tecniche del riciclo creativo e della ricostruzione, ha ideato una gamma di giacche e pantaloni trapuntati.  Dopo la sua vittoria Patrycja ha dichiarato: “Per me, la moda sostenibile significa vivere in equilibrio: abbiamo bisogno di rallentare il consumo e smettere di creare continuamente cose nuove. Dobbiamo cambiare il nostro pensiero nell’ambito della moda ed i progettisti hanno bisogno di mostrare ai consumatori che siamo in grado di fare bei vestiti con abiti vecchi e tessuti danneggiati."

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Tra le altre finalità del concorso, vi è anche quello di coinvolgere il pubblico e sensibilizzare gli amanti della moda sul tema dell’importante impatto ambientale dell’industria tessile. Sul sito web “EcoChic Design Award”, infatti, è presente una sezione tutta dedicata al mercato del fashion design, ricca di guide e video su come costruire un business sostenibile della moda, la narrazione del ciclo di vita di un’ordinaria camicia e molti altri argomenti stimolanti e di grande ispirazione per chi vuole progettare in maniera responsabile.

Consumismo ed inquinamento: due corti denunciano la triste realtà

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Inquinamento: un problema enorme e più presente nei paesi industrializzati, un fenomeno che minaccia la natura e si ritorce contro chi l’ha creato, l’uomo. Attraverso l’aria e l’acqua e intrecciandosi con altri fattori, colpisce anche le zone più lontane dalla civiltà moderna, modificando gli equilibri degli ecosistemi naturali a livello globale e causando seri rischi per la salute degli esseri umani. Perché l’inquinamento è un grandissimo viaggiatore. Due corti, a distanza di anni, ha denunciato gli effetti del consumismo dell'uomo sull'ambiente.

LA CINA DIVISA TRA SOSTENIBILITÀ E CONSUMISMO

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Le comunità scientifiche devono informare, ogni singolo cittadino deve mobilitarsi e contribuire per una vita più sostenibile ma solo scelte politiche tempestive ed efficaci possono tamponare la diffusione e la gravità degli episodi inquinanti; queste devono essere compiute su vasta scala, locale, nazionale e internazionale, con accordi stabiliti da tutti gli Stati.

Negli ultimi anni il significato della parola inquinamento si è esteso: si inquina quando si introducono in natura, in modo diretto o indiretto, sostanze o energia che trasformano gli ecosistemi e producono effetti sulla salute umana.

Purtroppo nell’ultimo secolo, complice il consumismo dilagante, l’inquinamento prodotto dalle attività umane ha abbondantemente superato l’inquinamento di origine naturale provocato, ad esempio, da eruzioni vulcaniche o incendi. In particolare, il maggior veicolo di diffusione delle particelle inquinanti è l’atmosfera che, tramite i venti, trasporta da una parte all’altra del pianeta polveri sottilissime e gas prodotti dalla lavorazione e dall’uso di combustibili fossili, dagli impianti per la produzione di energia, dai sistemi di riscaldamento degli edifici e dal traffico.

Siamo sicuramente a una svolta, i problemi ambientali sono sempre di più e sempre più frequenti. Occorre un grande lavoro di cooperazione fra gli Stati ma anche una politica seria d’informazione e sensibilizzazione che coinvolga tutti.

Due corti contro consumismo ed inquinamento

In questa direzione sono stati sviluppati negli anni interessanti documentari, video, film, campagne pubblicitarie ma, su tutti, vogliamo proporvi due video realizzati a distanza di molti anni l’uno dall’altro.

Il primo, “MAN”, realizzato nel 2016 da Steve Cutts, è un amaro resoconto sui comportamenti sconsiderati dell’uomo nel corso degli anni e sulle conseguenze nefaste del progresso e del consumismo, con un finale ironico.

{youtube}WfGMYdalClU {/youtube}

Il secondo risale addirittura al 1961. In “Paperino e l’ecologia” il grande e inimitabile Walt Disney aveva già capito tutto sul problema della produzione dei rifiuti e sull’inquinamento ambientale. Un grande classico nella versione italiana di Roberto De Leonardis con la voce narrante di Pino Locchi.

{youtube}1yONeq7MwJU{/youtube}

Una curiosità: in quegli anni gli Stati Uniti erano effettivamente così per il diffuso e già consolidato benessere, mentre in Italia le condizioni di vita cominciavano piano piano a migliorare e a evolversi, traghettando il paese negli anni a venire verso un consumismo sfrenato e una produzione di rifiuti sempre più massiccia.

Questi due brevi e bellissimi cortometraggi possono far rattristare, angosciare, ridere o stupire. Ma possono anche trasmettere un messaggio specifico e un preciso insegnamento, rendendo lo spettatore consapevole nei riguardi di questa importante tematica.

È quello che ci auguriamo.


Differenze tra tubi LED e tubi a neon: efficienza e consumi

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Uffici, magazzini, centri commerciali, parcheggi e a volte abitazioni: i tubi a neon, per anni onnipresenti nel campo dell’illuminazione, hanno vissuto la loro epoca d’oro prima di lasciare spazio a nuove tecnologie. Degni ed efficienti sostituti saranno i tubi LED, che possono essere montati negli apparecchi già predisposti con pochi accorgimenti. Ma, alla resa dei conti, chi, tra tubi a neon e tubi LED, vince la sfida per la migliore prestazione?

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Come per il riscaldamento e il raffrescamento, anche l’illuminazione artificiale di un edificio contribuisce al comfort e alla vivibilità degli ambienti e incide non poco sul consumo energetico degli edifici.

Il passaggio dai tubi a neon (o fluorescenti) a quelli LED dovrebbe essere un intervento importante nel progetto di riqualificazione energetica di un edificio, ma occorre capire che cosa rende i tubi di ultima generazione più efficienti di quelli tradizionali e, soprattutto, come sia possibile ottenere dai tubi LED ottimi livelli d’illuminazione pur avendo questi un flusso luminoso inferiore.

Il funzionamento di tubi a neon e tubi a LED

Per comprendere in cosa risieda la maggiore efficienza dei tubi LED rispetto ai più diffusi e datati tubi a neon è necessario comprenderne il funzionamento.

Come funzionano i tubi a neon

I tubi a neon (o fluorescenti) sono elementi lineari costituiti da un tubo di vetro sigillato che contiene all’interno una goccia di mercurio e un gas nobile di riempimento a bassa pressione. Alle due estremità sono presenti due elettrodi che, attraversati da energia elettrica, producono un flusso di elettroni che sollecita i gas a emettere radiazione nell'ultravioletto il quale, a sua volta, spinge il materiale fluorescente ad emettere radiazione visibile, cioè luce. Parte di questa radiazione visibile è trasformata in calore che riscalda il tubo.

Tutto questo può avvenire solo con una tensione elettrica pari a 400 V, per ottenere i quali è necessario uno starter e un reattore (o ballast) che fornisca la sovratensione. È per questo motivo che i comuni neon non si accendono immediatamente e producono il loro caratteristico sfarfallio prima dell’accensione completa.

Come funzionano le lampade tubolari a LED

Le lampade tubolari LED, o semplicemente tubi LED, sono tubi perlopiù in plastica, non contengono né gas nobile da ionizzare né mercurio e, rispetto alle lampade fluorescenti, si accendono istantaneamente senza bisogno di starter e reattore. Non producono calore, non emettono né contengono sostanze nocive e non hanno bisogno di manutenzione. 

La differenza di resa illuminante tra tubi a neon e tubi a LED

L’illuminazione artificiale degli ambienti interni con tubi lineari avviene solitamente attraverso l’utilizzo di plafoniere a soffitto ed è proprio in questa applicazione che possiamo valutare la principale differenza tra i due elementi.

La resa illuminante dei tubi a neon

I tubi fluorescenti (o tubi al neon), largamente impiegati per l’illuminazione indoor, generano e distribuiscono la radiazione luminosa uniformemente nei 360°. Considerando che un elemento a soffitto presenta un ventaglio di luce di 120° verso la superficie sottostante da illuminare, si comprende come i due terzi dell’energia luminosa vadano persi.

Questa parte della radiazione luminosa viene recuperata parzialmente sfruttando le proprietà riflettenti delle pareti e del soffitto, oppure attraverso lo stesso apparecchio illuminante, rivestito all’interno da materiali riflettenti o satinati e vernici bianche. Dunque l’effettiva quantità di luce orientata verso la superficie sarà costituita dalla somma delle due componenti, la luce diretta e la luce indiretta. Tutto questo è molto più semplice da comprendere con un esempio pratico.

Immaginiamo di aver installato un tubo al neon di 75 lm/watt. Un terzo della radiazione luminosa, cioè 25 lm/watt che costituiscono la componente di luce diretta, raggiunge la superficie da illuminare. La luce indiretta sarà data dalla componente dispersa (50 lm/watt) moltiplicata per il coefficiente di albedo della generica plafoniera (0,5), per un totale di 37 lm/watt. Va da sé che nonostante il recupero di una parte di luce, il godimento finale dell’illuminazione sarà dato da soli 62 lumen/watt.

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La resa illuminante dei tubi a LED

I tubi a LED invece irradiano luce nel ventaglio dei 120° sottesi all’elemento luminoso lineare, cosicché il 100% della luce prodotta viene sfruttata e diretta verso la superficie da illuminare, senza dispersioni e senza dover ricorrere ad altri elementi riflettenti. Questo, scheda tecnica alla mano, si traduce in una maggiore efficienza a parità di flusso luminoso rispetto ai comuni tubi al neon.

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Dal punto di vista energetico, l’impiego di tubi LED può produrre una notevole riduzione dei consumi energetici in bolletta (cifra variabile dal 30% all’80%). Una lampada LED da 95 lm/watt può durare fino a 50.000 ore, contro le 10.000 ore di una lampada a neon da 70-80 lm/watt, tagliando così i costi di sostituzione e senza costi di manutenzione. 

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Come sostituire un tubo al neon con un tubo led

Efficienza energetica, ridotti consumi, assenza di sostanze nocive e migliore resa illuminante sono motivazioni più che sufficienti per spingerci a sostituire i tubi a neon con dei LED. Il loro montaggio è semplice, rapido e bastano pochissimi accorgimenti in base al tipo di trasformatore presente.

Se si utilizza un trasformatore convenzionale, occorrerà sostituire lo starter tradizionale con un apposito starter per LED; nel caso in cui sia presente un reattore elettronico, si dovrà provvedere all’eliminazione dello starter e del reattore ed inserire solo il nuovo LED.

Tuttavia questo non è necessario nel caso in cui si decida di acquistare particolari modelli di tubo LED, come quelli distribuiti da Lampada Diretta, progettati per essere installati in impianti con ballast elettronico senza provvedere al ricablaggio.

5 idee creative per preparare il giardino alla primavera

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Le giornate primaverili, lunghe e soleggiate, sono quelle giuste per spendere del tempo all’aria aperta. È il momento di rispolverare i mobili del giardino, trasformarli in modo creativo, acquistarne di nuovi, dare un nuovo look all’intero giardino. Ti proponiamo per questo 5 idee creative per rendere il giardino un’area più invitante in cui spendere il proprio tempo, che sia un’intera giornata con gli amici durante il week end o qualche ora al tramonto in tranquillità dopo il lavoro. 

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5 idee creative per il giardino

L’amaca per il relax

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Non necessita di molto spazio ed è una calamita per adulti e bambini. Gli amanti del fai-da-te possono realizzare un’amaca da sé con corde o lenzuola o acquistarla (con o senza sostegni, a seconda che si abbia o meno la fortuna di avere due alberi sufficientemente robusti e vicini tra loro che fungano da supporti naturali). Un'amaca spingerà a trascorrere più tempo in giardino per rilassarsi, leggere, prendere il sole. 

Oggetti inconsueti

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Un’idea creativa e divertente è quella di inserire in giardino un accessorio o un oggetto di arredamento tipicamente associato ad una particolare stanza della casa. Gli specchi, per esempio, solitamente associati ai bagni, le porte interne degli armadi e le lobby di ingresso, se portati in giardino costituiscono un elemento di design inconsueto e divertente. Una volta spostati dagli ambienti interni all’esterno e non più utilizzati per specchiarsi, creano interessanti riflessi di luce e fanno percepire gli spazi più ampi del reale.

Le panche da giardino

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Per dare un nuovo look al proprio giardino a volte basta dipingere alcuni elementi, come le panche e/o il tavolo in legno. Se lasciati fuori durante l’inverno, possono aver bisogno di qualche ritocchino all’inizio della stagione primaverile. Per prenderci cura di loro basta carteggiarli e ridipingerli, magari con un nuovo colore, che doni una ventata di novità a tutto il giardino. Il tocco finale? Aggiungi dei cuscini colorati.

Tutorial: Panca da esterni fai da te con i pallet

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Accanto alle panche, o in alternativa ad esse, si può pensare a delle sedute più informali, morbide ed accoglienti, come enormi pouf da esterno, da collocare in modo quasi casuale in un’area del giardino. Oppure divani da esterno dalle linee pulite, così raffinati, che sembrano essere stati sottratti al soggiorno di casa.

Sala da pranzo all’aperto 

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Rendere il proprio giardino una sorta di estensione all’aperto degli ambienti interniè un’ottima idea per sfruttarlo di più durante la primavera, quando le giornate sono sufficientemente tiepide per un pranzo o un tè all’aperto. Per creare una sorta di sala da pranzo estiva in giardino basta qualche sedia da giardino ed un tavolino da allestire con una tovaglia che dia un sapore di casa e, se possibile, qualche fiore del giardino a centro tavola. Fiorin, azienda trevigiana che si occupa della lavorazione del legno dal 1975, produce sedie, tavoli e mobili da giardino. 

Lanterne per un tocco di luce

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Il giardino è un posto meraviglioso in cui trascorrere il giorno e, se illuminato sapientemente, anche le serate. Dei vecchi barattoli in vetro potrebbero risultare utili per contenere delle candele e trasformarsi in lanterne fai da te, realizzate a costo zero in pochi minuti. I barattoli possono essere decorati con dello spago e riempiti con dei sassolini su cui appoggiare la candela e poi appesi. 

40 edifici, un unico murales. L'opera di El Seed riqualifica città-spazzatura

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Nel sobborgo di Manshiyat Naser a sud-est del Cairo, gli "zabaaleen" (uomini della spazzatura) riversano ogni giorno circa 5 mila tonnellate di rifiuti della capitale egiziana, con carri trainati da asini e camioncini sgangherati. Pile smisurate di plastica e vestiti logori mal assicurati da corde, separati e rivenduti per poche lire. È qui che l'artista di strada franco-tunisino El seed ha realizzato uno stupefacente murales sulle pareti di 40 edifici. Con il progetto "Perception" ha portato un po' di arcobaleno e speranza nella "città spazzatura", ignorata dalle autorità locali ma indispensabile perché le aree limitrofe non soccombano, come nella Leonia di Calvino, sotto crateri d'immondizia.

MURALES: LA STREET ART DIVENTA 3D RICICLANDO PORTE

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“… Tanto che ci si chiede se la vera passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e diverse, o non piuttosto l’espellere, l’allontanare da sé, il mondarsi da una ricorrente impurità. Certo è che gli spazzaturai sono accolti come angeli, e il loro compito di rimuovere i resti dell’esistenza di ieri è circondato d’un rispettoso silenzio, come un rito che ispira devozione, o forse solo perché una volta buttata via la roba nessuno vuole più averci da pensare.

Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori della città, certo; ma ogni anno la città s’espande, e gli immondezzai devono arretrare più lontano; l’imponenza del gettito aumenta e le cataste s’innalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro più vasto. Aggiungi che più l’arte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermentazioni e combustioni. E’ una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne”.

Estratto della città di Leonia, da“Le città invisibili”, Italo Calvino, 1972

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Il disegno di El seed si sviluppa come un arzigogolato testo arabico dai colori vibranti. In cima della montagna Mokattam è visibile nella sua interezza. I frammenti separati sui singoli palazzi compongono assieme una citazione di S. Atanasio di Alessandria, vescovo copto del terzo secolo: "Chiunque voglia vedere chiaramente la luce del sole deve prima pulirsi gli occhi". È l'arte di guardare le cose da lontano, un altro punto di vista che fa cambiare il proprio giudizio e reinterpretare la realtà. Il murales, amato dagli abitanti e dal web, restituisce così una nuove luce al piccolo centro, non più solo ricordato per la sporcizia e decadenza. 

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Lungo le strade sterrate piene di rifiuti e rottami, si svolge la vita quotidiana della popolazione copta. Da palazzoni non terminati in mattoni e cemento si affacciano bambini e animali; la spazzatura è accatastata ovunque, sui balconi, sui tetti piani e negli scantinati. La maggior parte degli abitanti sopravvive rivendendo i rifiuti raccolti nella capitale vicina, come netturbini solerti in sostituzione al sistema meccanizzato che dovrebbe gestire l'immondizia. Nella capitale si getta qualsiasi cosa per strada, tra macchine e negozi, animali e turisti. I cittadini, come buoni musulmani, danno la carità agli "zabaaleen" e si rifiutano di pagare le tasse non previste dall'Islam, ma necessarie per la gestione tradizionale dei rifiuti urbani.

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Intraprendenti e orgogliosi (dovremmo chiamarli angeli pulitori!), dividono i quartieri del Cairo a seconda del valore dei rifiuti, sanno cosa e come riciclare. Nel sobborgo Manshiyat Naser, però, la popolazione è sommersa da tonnellate di spazzatura, assueffatta all'odore acre e nauseabondo, ai topi e alle mosche che spuntano tra sacchi, elettrodomestici e avanzi di ogni genere. Cavi di acciaio aiutano a sollevare gli scarti più pregiati, custoditi nelle abitazioni in attesa della vendita. Anziani e bambini collaborano nella separazione della spazzatura, tra una boccata di shisha e un rincorrersi a nascondino. Purtroppo nonostante le proteste e le polemiche, la situazione non sembra migliorare, ma appare sempre più complicata.

La "guerra dei rifiuti" vede da un lato aziende europee (a seguito della gara indetta dall'amministrazione locale), che hanno dato lavoro ad alcuni netturbini ma di fatto non funzionano perchè ostacolate e tassate. Dall'altro lato gli "zabaaleen" che per difendere territorio e guadagno, continuano a ripulire la città (seppur parzialmente) e grazie ai quali la situazione non è completamente degenerata. Del resto, lo riconoscono anche varie organizzazioni internazionali, a dispetto delle condizioni indecorose in cui la popolazione di Manshiyat Naser vive, gli "zabaaleen" sono riusciti a mettere su una delle reti di riciclaggio più efficienti al mondo.

Riqualificazione degli edifici scolastici: esempi italiani di buona pratica

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Il documento pubblicato dal MIUR unitamente ad ENEA lo scorso 19 Aprile, contenente le indicazioni necessarie ad affrontare il complesso tema della riqualificazione di edifici scolastici, presenta alcuni esempi di buona pratica progettuale sul territorio italiano. All'interno del documento vengono elencati dodici progetti di edifici scolastici di ogni grado costruiti negli ultimi anni, alcuni di nuova realizzazione, altri frutto di ristrutturazioni.

LA RIQUALIFICAZIONE DEGLI EDIFICI SCOLASTICI

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Scuola superiore d’arte applicata, Bergamo

L’edificio in oggetto è stato eretto nel 1911, ampliato poi numerose volte per esigenze di spazio negli anni 20 del Novecento, e ristrutturato internamente negli anni dal 1969 al 1992.

L’ultimo grande intervento di riqualificazione è del 2005 e ha visto la creazione, nella zona posteriore dell’edificio, di una nuova ala che comprende un laboratorio e quattro aule. Questa zona è collegata al corpo principale dell’edificio mediante un volume leggero e trasparente che contiene una sala a doppia altezza con funzione di aula magna e spazio espositivo.

Nel 2014 si è puntato alla riqualificazione energetica dell’edificio inserendo pannelli solari termici e fotovoltaici in grado di soddisfare il 50% del fabbisogno dell’edificio.

L’intervento è stato realizzato mediante finanziamenti dell’Unione Europea e i lavori affidati ad una ESCo (Energy Service Company).

Polo scolastico, Villasimius

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L’edificio realizzato a Cagliari è una nuova costruzione, completata nel 2014.

Data la posizione geografica dell’intervento l’obiettivo principale è stato quello del raggiungimento del comfort termico nei mesi caldi e dello sfruttamento massimo dell’energia solare. Il progetto è risultato vincitore “in virtù di una proposta che ha pensato al complesso come a un laboratorio formativo integrato con le peculiarità del territorio, capace di assolvere alle scelte di sviluppo sostenibile indicate dall’amministrazione”.

Per il comfort termico sono previste pareti ventilate, realizzate con il locale biancone di Orosei, e frangisole sulle aperture principali. Anche la distribuzione degli spazi interni favorisce l’effetto camino e la ventilazione naturale.
Pannelli solari e fotovoltaici, atti a generare energia anche nei mesi estivi in cui la scuola è chiusa, e una pompa di calore geotermica garantiscono l’alto rendimento termico della costruzione.

Scuola primaria, Calmasino – Bardolino

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La scuola primaria è stata completata nel 2014 e rappresenta un eccezionale esempio di edificio energeticamente efficiente. La scuola  infatti priva di impianto di riscaldamento o raffrescamento tradizionale ma sfrutta la geotermia ed il solare termico per soddisfare tutto il fabbisogno di calore.

Queste scelte progettuali, unitamente ad una efficace coibentazione delle pareti verticali e alle ottime prestazioni dei serramenti, garantiscono alla scuola la piena autosufficienza energetica, portando l’edificio ad ottenere la certificazione in classe A+.

Mille Arbres: una foresta riqualifica la periferia di Parigi

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Mille Arbres è un progetto nato dal concorso Reinventing Paris che ha raccolto le idee più innovative per riqualificare le zone più degradate di Parigi. Mille Arbres, che dovrebbe vedere la luce nel 2022, promuove l'idea che l'ambiente urbano sia strettamente legato alla natura.

PARIGI: IL PROGETTO DI PARC DU PEUPLE PER RIQUALIFICARE LA PERIFERIA

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Il progetto di Mille Arbres

Nato dall’idea di una coppia di architetti della OXO Architects, il giapponese Sou Fujimoto e il francese Manal Rachdi, Mille Arbres è una foresta in una struttura navale con lo scopo di rilanciare la periferia parigina.

Philippe Journo, Presidente della Compagnie de Phalsbourg racconta così il progetto "Mille Arbres è uno spazio pubblico, una foresta con condomini e uffici, un albergo, ristoranti, una vasta area dedicata ai bambini, una stazione degli autobus, il tutto in un unico luogo" e dichiara: "In un momento in cui alcune parti del mondo, gli uomini sono impegnati nel  desiderio di superare i propri limiti e per esempio vogliono costruire torri alte mille metri, riteniamo che l'ambizione e l'audacia nell’osare un altro modello di sviluppo urbano starebbe nel piantare 1000 alberi al di sopra di un’enorme struttura, nella capitale di un paese con un glorioso passato come la Francia, […] Ci piace l'idea di trasformare questo luogo, simbolo di tutte le divisioni tra Parigi e la sua periferia, in un luogo simbolo della convivenza." 

Emmanuel Launiau, CEO di OGIC sostiene che Mille Arbres servirà a stringere un collegamento tra Parigi e Neuilly, nel rapporto tra i suoi abitanti, e in quello tra natura e architettura. Inoltre sarà utile a stringere un rapporto tra le generazioni di oggi e quelle future, tutto partendo da una sfida architettonica, ecologica e sostenibile  […] Inventeremo un nuovo stile di vita per Parigi, quello della città ibrida  e allo stesso tempo controllata, capace di conciliare natura e architettura."

Parigini e turisti di tutto il mondo saranno immersi in un ambiente rifugio di biodiversità, senza precedenti in un ambiente urbano. Come garante dell'ecosistema creato, il parco ospiterà la Casa del Giardiniere e la Casa della Biodiversità, gestito dalla Lega di protezione degli uccelli (LPO) dove saranno tenuti corsi e laboratori didattici.

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Mille alberi per Parigi: il racconto degli architetti

Il concept di Mille Arbres è frutto di due modi di pensare degli architetti, uno giapponese e uno francese. Il primo, Sou Fujimoto, alimenta una continua riflessione sul rapporto tra l'uomo, la struttura e la natura, tra la natura e l’architettura. Il secondo, Manal Rachdi è un giovane parigino che ama mettere elementi naturali in contesti urbani. 

Il nome del progetto già inquadra i suoi obiettivi: piantare 1000 alberi. Le specie sono stati selezionate in base alla loro capacità di vivere in un'atmosfera urbana e saranno piantati sopra la struttura edilizia che aiuterà a connettere periferia e centro di Parigi offrendo diversi servizi e creando allo stesso tempo, un cuscinetto contro l'inquinamento.

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Sou Fujimoto presenta il progetto così: "Il concetto alla base del nostro progetto è un nuovo modo di vivere in un ambiente urbano che unisce strettamente natura e architettura. Questo sito in periferia è come l'ultima frontiera di Parigi. Quindi penso che questa sia la posizione migliore per mostrare come Parigi può creare un nuovo stile di vita per il XXI secolo, in cui il matrimonio tra natura e architettura sarà uno dei temi principali. Migliaia di alberi rappresentano un villaggio galleggiante nel mezzo di una foresta, a Parigi. È come un sogno. Quindi possiamo dire che il nostro concept viene da una Parigi attuale e punta verso una nuova Parigi."

Per Manal Rachdi, OXO Architetti: "Questo progetto vuole proporre un nuovo concetto di città-edificio, una città verticale, ad elevata densità ecologica. Mille Arbres è un ecosistema naturale abitato, dove le abitazioni, uffici, hotel e centro infanzia sono avvolti in natura. Mille Arbres sviluppa una strategia di integrazione, è sensibile e ottimista, e vuole soddisfare tutte le esigenze di un sito che unisce la promiscuità e la complessità di un ambiente periferico di una grande città. L’idea di questo genere di progetti è quella di aprire la periferia verso il centro e di collegare i vari quartieri parigini. Vorremmo offrire un luogo di socializzazione, uno spazio sensibile, un edificio con un'anima."

Un parco che sia contemporaneamente culla della biodiversità e connessione tra centro urbano e periferia.

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I numeri della foresta che riqualifica la periferia di Parigi

  • 127 abitazioni di edilizia popolare e convenzionata;
  • 4 spazi comuni per integrare le aree private: uno spazio comune e multifunzionale che consenta ai residenti di gestire al di fuori delle abitazioni di proprietà riunioni, feste, anniversari, ecc.; un Bed & Breakfast che permetta ai residenti di accogliere amici e familiari; una terrazza con giardino all'8° piano con una cucina in comune, all'aperto; una lavanderia al 7° piano. 
  • 27 mila mq di uffici, superficie divisa tra due edifici separati con sale e accesso indipendenti. Ognuno progettato secondo il principio dell’"ufficio come casa dolce casa".
  • 250 camere di un hotel a 4 stelle progettato pensando ai viaggiatori contemporanei  che desiderano sia la comodità che la cordialità.
  • 2 livelli, quelli di una stazione di bus moderna: un piano terra dedicato alla ricezione dei viaggiatori che offrono un servizio di biglietteria, ristorazione, sala di aspetto e spazi informativi; uno spazio al piano interrato, accessibile dall'utente dal piano terra da scale mobili, ascensori e scale, ma una rampa in entrambe le direzioni dal Boulevard Pershing.

Tra le infrastrutture una strada a tema gastronomico chiamata "Rue des Chefs" con lo scopo di creare un passaggio tra Parigi e Neuilly. Essa consisterà essenzialmente in una Food Court di "nuova generazione", creata da Philippe Starck, con un luogo dedicato per ospitare workshop e una scuola di cucina a tema.

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Mille Arbres per il sociale

La tutela dell’infanzia è fra gli obbiettivi principali dei progettisti; Mille Arbres infatti prevede la realizzazione di un polo dell'infanzia costituito da un grande parco giochi al coperto, laboratori sul tema della biodiversità con l'introduzione di apicoltura, giardinaggio, la botanica e la costruzione di capanne realizzate con materiali riciclati, due asili da 0 posti ciascuno e un asilo nido.

A Mille Arbres sarà sperimentata inoltre una nuova modalità di gestione condominiale. Essa utilizzerà strumenti digitali per garantire che il portiere, sia in grado di soddisfare tutte le esigenze degli utenti del condominio di cui si occupa e anche dei restanti residenti nelle aree limitrofe che usufruiscono dei servizi e delle strutture in comune.

Mille Arbres è basato sul principio di flessibilità che ha risvolti positivi sul futuro dell'ambiente. Tutto è stato originariamente progettato per potersi evolvere in base alle esigenze, gli uffici possono in parte essere trasformati in abitazioni, così come l'hotel.

"In definitiva – dice Emmanuel Launiau, CEO di OGIC – la realizzazione di luoghi naturali nella pianificazione urbana delle nostre città sarà una delle sfide del XXI secolo. Mille Arbres è un nuovo modo di pensare contemporaneamente ad architettura e natura. Offriremo ai parigini un nuovo metodo di vivere, lavorare e vivere. Inviteremo i residenti locali a scoprire il mondo delle piante, la biodiversità e la gestione sostenibile delle risorse naturali. Mille Arbresè un progetto basato sulla bioclimatica nonostante le sue dimensioni. Particolare attenzione è data alle attività individuali, ma anche a quelle collettive che scaturiscono da esperienze di condivisione e partecipazione"

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