Sin dai tempi della Rivoluzione Industriale gli USA , senza distinzione fra governi repubblicani o democratici, hanno mantenuto sempre una coerenza filosofica con il pensiero positivista ottocentesco, che vedeva il progresso scientifico e tecnologico come la chiave per risolvere ogni problema dell’Umanità, indipendentemente dalla sostenibilità e dalle risorse del Pianeta. Una vecchia battuta degli industriali di Detroit diceva che "se non possiamo risolvere un problema è perché manca forza bruta tecnologica". Purtroppo a ridosso dei “punti di non ritorno” che segnano il cambiamento globale del clima, gli USA non vogliono rinunciare all’American way of life, continuano a produrre SUV e berline a grande cilindrata e a contaminare il mondo anche al di fuori del loro territorio, purtroppo non solamente emettendo CO2 ma le più svariate sostanze, spesso anche rifiuti prodotti dalle loro attività belliche in giro per il mondo.
PETROLIO: NUOVI MODELLI PER CITTÀ DI TRANSIZIONE
{loadposition googlerosato}
Qualcosa, però, inizia timidamente a cambiare anche nella patria del petrolio. Il Natural Resources Defense Council, una ONG con quasi un milione e mezzo di affiliati e un esercito di 350 esperti, fra avvocati e scienziati votati alla salvaguarda del Pianeta, ha recentemente condotto un’indagine su larga scala che ha interessato la popolazione di New York. Il risultato ottenuto era impensabile fino a solo alcuni anni fa: oltre l’80% dei newyorkesi, indipendentemente dal loro ceto sociale, razza o affiliazione politica, sono d’accordo nel prorogare la moratoria che vieta la pratica del fracking nel territorio del proprio Stato, e si dichiarano favorevoli alla sostituzione dei combustibili fossili con energie rinnovabili, anche se ancora un 48% continua a parteggiare per l’energia nucleare. É la prima volta che un’ indagine viene condotta su tutte le fasce della popolazione su un tema tabu per la maggior parte dei politici statunitensi, eccetto il governatore dello Stato di New York, l’italo-americano Andrew Cuomo, il quale coraggiosamente riuscì a bloccare le operazioni di fracking nel territorio di sua competenza, cosciente del rischio che rappresentano per l’ambiente e la salute degli abitanti.
L'ENORME PARCO EOLICO DELLA CALIFORNIA
Dall'altro estremo degli States, l’energivora California potrebbe importare energia da un enorme parco eolico da costruire nel semidesertico Stato del Wyoming, dalla potenza complessiva di 2,1 GW. Si tratta però di un’operazione, nel più puro stile americano, di “forza bruta tecnologica”. Il progetto prevede di trasportare l’energia elettrica, generata dalle turbine in Wyoming, fino a un sito in California dove esistono delle caverne, le quali verrebbero rese a tenuta stagna con lo scopo di immagazzinare gli eccessi di energia sotto forma di aria compressa. Una centrale dalla potenza di 1,2 GW sarà poi destinata a recuperare l’energia immagazzinata durante i picchi di carico o le ore di scarsa ventosità. La scelta di utilizzare aria compressa, come vettore energetico, sembra un po’ naif per chiunque abbia una minima nozione di termodinamica, in quanto il processo di conversione di un gas è estremamente inefficiente dal punto di vista energetico, ed il calore generato dai compressori e dissipato in atmosfera, che si voglia o no, contribuisce al riscaldamento globale.
Nella migliore delle ipotesi, il rendimento teorico di un sistema di accumulo adiabatico di aria compressa è vicino al 70%, ma nella pratica difficilmente raggiungerà il 60%, quindi 0,84 GW della potenza generata dal parco eolico andranno persi sotto forma di calore. Chiaramente, un progetto il cui valore stimato sarà di ben otto miliardi di dollari, non si fermerà di certo per delle inefficienze termodinamiche, specialmente quando una delle quattro multinazionali che costruiranno il sistema è un colosso del settore dei compressori d’aria industriali. Comunque, la soluzione proposta dal consorzio Pathfinder Renewable Wind Energy, Magnum Energy, Dresser-Rand and Duke-American Transmissionè decisamente migliore di costruire una centrale a carbone o nucleare, ma ci risulta scoraggiante constatare che, oltre al fatto che il sistema di recupero dell'energia dall'aria compressa necessiterà comunque di riscaldamento fornito da gas naturale, l’industria americana sembra rimanere ancorata ai vecchi criteri ereditati dalla Rivoluzione Industriale: produzione centralizzata, oligopolio e tendenza al gigantismo dei sistemi, in modo da creare una barriera tecnologica alle piccole aziende.
{youtube}7i1OXVto6_w{/youtube}
UN PROGETTO DI SMART GRID CALIFORNIANO
Decisamente più elegante è il progetto di smart grid della Southern California Edison, consistente nell’installazione del più grande banco di batterie in parallelo con la rete in costruzione negli USA. Si tratta di un banco di batterie al litio avente una potenza totale di 8 MW, con capacità per accumulare fino a 32 MWh (quindi quattro ore di funzionamento a potenza nominale). Il sistema di accumulo d’elettricità, composto da 608.382 singole batterie collegate in 10.872 moduli disposti su 604 blocchi, andrà installato nella sottostazione Monolith, sita nelle Tehachapi Mountains. Il particolare simpatico di questo progetto è che la sua realizzazione è diventata economicamente fattibile grazie alle economie di scala generate dall’industria dell’automobile, tradizionalmente quella considerata “insostenibile”. Infatti, i moduli di batterie utilizzati nel progetto Monolith, prodotti dalla LG Chem, sono gli stessi che monta di serie la vettura Chevrolet Volt, definita dai guru di Wall Street come “un fallimento sicuro” al momento del suo lancio, ma che alla data odierna ha superato, le vendite di Audi A6, Porsche Cayenne, BMW 7 e Mercedes Classe S, oltre che agli ibridi Toyota, Prius, PlugIn e Honda Civic. È un altro segno dell’aumentata attenzione all’impatto ambientale da parte dei consumatori statunitensi.