Cresce la decrescita, racconta Serge Latouche, l’economista e filosofo francese che negli ultimi 10 anni ha fatto sì che il termine “decrescita” diventasse uno slogan fortemente critico e analitico nei confronti di alcuni fenomeni contemporanei. Eppure c'è ancora chi, come i nostri governanti, ne teme gli esiti.
LA DECRESCITA FELICE NON È UNA BUFALA
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"La globalizzazione è mercificazione. Il libero scambio è come la libera volpe nel libero pollaio", ha dichiarato Latouche.
Nel corso del festival della sostenibilità “Borgofuturo”, tenutosi a fine Luglio presso Ripe San Ginesio (MC), Latouche ha sviscerato le sue teorie circa i grandi temi attuali: dalla crisi economica a quella ambientale, dall’accordo di libero scambio fra Unione Europea e Stati Uniti e tanto altro. Perfino il significato dell’EXPO 2015 è stato approfondito: l’evento – secondo Latouche ma anche sentiti sociologi ed economisti del settore del cibo e di quelli affini – è una vetrina per le multinazionali che poco lascia alla visibilità e al progresso dei piccoli produttori.
Secondo Latouche è necessario che la tecnologia resti "uno strumento svincolato dalle logiche di mercato. Finché a finanziare la tecnologia saranno le grandi imprese multinazionali essa non potrà che rispondere ad esigenze diverse da quelle del progresso sostenibile di una società. L’evoluzione tecnologica può aiutare ad affrontare dei problemi, ma i grandi problemi di oggi sono di natura sociale, che nessuna tecnologia può risolvere".
Non è ben visto dalla classe dirigente, ma a sorpresa, pare che Latouche abbia avuto dei riscontri positivi dal Pontefice circa le teorie sulla decrescita e questo è un segno di come le coscienze si stiano svegliando sul tema. In particolare è accaduto con l’enciclica di Papa Francesco " Laudato Si", nella quale ha incoraggiato a un cambio di modello, proponendo come soluzione proprio il movimento della decrescita.
Un sistema economico per coltivare la felicità
Saper soddisfare i propri bisogni imparando a coltivare la felicità con quello che abbiamo a disposizione non è semplice vista la nostra mentalità prettamente concorrenziale. Come fare?
"Dobbiamo ricordare come siamo stati economicizzati […]". Come discendenti degli antichi greci, noi abbiamo ereditato il sistema economico modificatosi durante il periodo dei grandi filosofi ed evolutosi nel periodo medioevale, divenendo poi la base di quello capitalista moderno. Sembrerebbe che lo stesso Aristotele avesse capito che continuando a usare quel sistema capitalista (se pure ancora arcaico) si sarebbe distrutta la società. Non è del tutto impossibile impostare un nuovo sistema economico, ma occorrerà molto tempo.
La crisi dell’Architettura e dell’Urbanistica
Nell’ambito dell’urbanistica, la situazione sta sfuggendo di mano ad Architetti, Urbanisti, Paesaggisti e professionisti del settore, questo perché loro stessi – secondo Latouche – hanno cercato e cercano tutt’oggi di porre rimedio al degrado in cui versano i centri urbani e l’ambiente, con tentativi che si sono rivelati vani, essendone spesso essi stessi spesso la causa. È mancato è stata un’analisi globale sul fallimento dell'Architettura e la lucida consapevolezza di doversi mettere anche contro la politica per sconfiggere alcuni stereotipi che impediscono all’Architettura di essere fatta in maniera positiva.
Cos'è la città in decrescita
"La città decrescente dovrebbe essere una città con una impronta ecologica ridotta, trattenendo un rapporto forte con l’ecosistema [una bio-regione]. Piuttosto di sognare la costruzione di città nuove, bisognerà imparare ad abitare le città in modo diverso".
realizzare questa città non è semplice, perchè occorre educare i cittadini e non imporre logiche pre-confezionate. Bisogna partire da zero per costruire una società autonoma di decrescita. Esistono dei presupposti e dei programmi fra cui quello noto come programma delle otto «R»: rivalutare, ridifinire, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare. Sono questi otto target tra loro collegati che attivano una decrescita serena, conviviale e sostenibile. Chiamarlo “programma” è già fin troppo avanzato: con le otto R siamo al livello di ideazione, ma è essenziale partire da qualcosa di ben studiato.
La città in decrescita, opposta a quella capitalizzata che i governi ci impongono, non è quindi la metropoli.
"Invece delle megalopoli attuali, bisogna immaginare una città ecologica, fatta di villaggi urbani dove ciclisti e pedoni utilizzano un'energia rinnovabile. Nella città decrescente, gli abitanti ritroveranno cosi il piacere di gironzolare, come sognavano Baudelaire o Walter Benjamin. Riapprendere di abitare il mondo è quindi un imperativo". Facile a dirsi, ma come risolvere il problema del sovraffollamento? Sicuramente preferendo il recupero dell'esistente alla continua edificazione, essendo il tessuto urbano già saturo di edilizia. Occorre pensare a recuperare i vuoti urbani abbandonati e non credere che le città verticali siano una soluzione al problema perché i grattacieli sono energivori e altamente insostenibili per il nostro pianeta, anche quelli pensati per funzionare con le logiche della Bioarchitettura, sia per i costi e i tempi di costruzione che per la manutenzione e la loro gestione che abbassano notevolmente il loro ecovalore presunto.
Presente e futuro delle città decrescenti
Mentre si attende – non si sa se invano – il cambiamento di rotta dei governi a scala mondiale verso un comportamento più improntato verso i modelli della decrescita felice, numerosi sono gli attori locali che hanno intrapreso la via della decrescita, in maniera consapevole e a volte anche inconsapevolmente ma riconoscendone poi i risultati positivi. A titolo informativo possiamo menzionare la rete delle città lente (le cosiddette Slow cities), le città in transizione (le Transition towns, il cui modello di crescita è probabilmente quello che maggiormente si avvicina ai presupposti della decrescita ), le Città Post Carbone.
Tutti questi tipi di città cercano soluzioni in previsione dell’esaurimento di energie fossili. In altre parole ricercano la resilienza che altro non è che la capacità di adattamento al cambiamento, utile alla sopravvivenza in qualsiasi condizione.
La città decrescente, primo passo verso una società di parsimoniosa delle proprie risorse, preserverà l’ambiente che è alla la base di tutta la vita. Non secondari saranno gli aspetti di rafforzamento dei rapporti sociali dovuti ad una solidarietà crescente e un livello di occupazione in ricrescita.