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Channel: Architettura Ecosostenibile: bioarchitettura, design e sostenibilità
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Social housing e case passive: il binomio nel centro di Parigi

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Un complesso di housing sociale nel cuore di Parigi. Questo è il progetto portato avanti dallo studio francese Vous Etes Ici Architectes. L’edificio sorge all’interno del centralissimo V Arrondissement, il più antico della città, sulla Riva Sinistra della Senna nei pressi del Quartiere Latino, frequentato da giovani e universitari. Il progetto vinto nel 2008 vede la sua realizzazione a marzo 2014. Il successo dell’idea del VEI dellecase passive è legato alla volontà di preservare le preesistenze, riuscendo a progettare ben 11 alloggi di social housing e 2 locali di servizi.

SOCIAL HOUSING A PARIGI: IL PROGETTO DELL'ATELIER DU PONT

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La disposizione del complesso abitativo di social housing nel lotto permette di mantenere l’illuminazione diretta nella corte della scuola materna adiacente e di avere passaggi pedonali aerati e illuminati naturalmente. L’edifico parigino è composto da un blocco unico di case passive per un totale di 1500 mq in cui i vuoti generano i percorsi che sono evidenziati da rivestimenti e pavimentazioni in resina di color arancio.

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La struttura in cemento armato sostiene l’ossatura lignea delle facciate, in parte rivestite in listelli di legno, mentre la copertura a spioventi è in lastre di zinco che parzialmente scende a coprire le restanti parti della facciata.  

Gli alloggi risultano diversificati tra di loro per tipologia ed orientamento, ma la forma che ne segue non è frutto di un gesto scultoreo bensì di una “Architettura di dispositivi”, come tengono a precisare i progettisti.  Ogni alloggio, godendo di diversi orientamenti, permette un miglior comfort termoigrometrico ed una migliore illuminazione naturale e ventilazione naturale degli ambienti.

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Le aperture in facciata sono di 3 grandezze diverse, generando così un gioco di pieno e vuoti. Composte da doppi vetri e da sistemi di oscuramento in alluminio verniciato di arancione che richiamano il colore dei percorsi interni, permettono agli utenti di regolare l’entrata di luce all’interno degli ambienti.

L’edificio risponde appieno alle richieste del “Plan Climat” della Città di Parigi, presenta anche delle logge vetrate apribili a Sud, costituendo così un esempio di architettura sociale efficiente con caratteristiche energetiche PHE (Patrimoine Habitat et Environnement).


Architettura sociale: l'istituto per bambini disagiati in cui è come stare a casa

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Lo Studio di architettura danese CEBRA ha appena ultimato un progetto pionieristico per un nuovo tipo di centro di assistenza 24 ore su 24 per i bambini e ragazzi emarginati a Kerteminde, in Danimarca. La costruzione, rivestita di piastrelle e legno, gioca con elementi e forme familiari al panorama locale per creare un ambiente accogliente agli ospiti in un edificio moderno, pensato per le speciali esigenze di chi vi risiede. La "Casa del Futuro dei bambini” combina a un ambiente sicuro il modello della casa tradizionale, ridisegnato assecondando e ascoltando gli stimoli della pedagogia moderna, modellando la casa per bambini in modo che rispetti le loro esigenze e i loro bisogni.

ARCHITETTURA PER BAMBINI: IL CENTRO EDUCATIVO IN BAMBÙ

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Il progetto di questa nuova istituzione è stato concepito in una nuova ottica: un centro di cura che incoraggiasse le relazioni sociali, il senso della comunità e fosse, allo stesso tempo, capace di ospitare le esigenze individuali dei bambini. Ai piccoli abitanti deve essere data la possibilità di riconoscere quel posto come "casa". L’ambiente è stato pensato per accompagnare il loro percorso di crescita nel miglior modo possibile. Il luogo progettato riflette un approccio pedagogico orientato alla pratica, in modo che l'architettura sia parte attiva nel lavoro quotidiano degli educatori, che, ogni giorno si trovano ad affrontare problemi comportamentali, sociali e di salute mentale.

UN POSTO COME A CASA

Se ci soffermiamo ad osservare i disegni dei bambini, riconosciamo come "casa" quella forma a rettangolo con tetto spiovente e un camino. Dal logo alla realtà, le funzioni che l'istituto contiene sono quelle riconoscibili sia letteralmente e simbolicamente. Il progetto per la casa dei nuovi bambini volutamente rimanda a forme familiari di base della casa tipica come punto di partenza naturale: la classica casa-tetto spiovente e il motivo abbaino. I due elementi sono utilizzati nella loro forma più semplificata per creare un aspetto esteriore identificabile e integrare l'edificio nella zona residenziale circostante: queste parti costituiscono il DNA dell'architettura di base del progetto, che esprime l'inclusione e l’appartenenza alla comunità, in un clima di sicurezza.

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Combinando e applicando gli elementi di base in un modo nuovo e divertente, il centro di cura diventa un luogo con una propria identità. La forma geometrica di base è stata modificata mediante i profili dei lucernari distintivi, che crescono dentro e fuori il volume dell'edificio, sono capovolte e fatti salire fino a formare un punto di vista. L’evoluzione del concetto crea variazioni spaziali e una certa flessibilità funzionale nell’organizzazione interna. Gli abbaini danno agli abitanti la possibilità di modificare lo spazio interno secondo le proprie esigenze, coinvolgendoli nella disposizione arredi, secondo il tipo attività svolta. Le dimensioni diverse e gli orientamenti consentono una grande possibilità di utilizzo delle stanze: sale lettura e cinema, uno studio per fare i compiti, le aree per la pittura e la lavorazione, sale comuni per eventi festivi, ecc.

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PIÙ CASA, MENO ISTITUTO

L'organizzazione generale è costituita da quattro case interconnesse. Le ali allungate dell’edificio tradizionale istituzionale sono state divise e contratte, in modo da formare un edificio compatto con volumi ai lati. La scala dell'edificio è ridotta e indipendente, le unità varie sono state create per i diversi gruppi di residenti. Ogni fascia di età ha un proprio spazio in collegamento con un'unità centrale per un utilizzo flessibile. La disposizione interna ha come obiettivo quello di fornire ai residenti un senso di appartenenza alla loro unità, una base ideale dove possono ritirarsi da soli o in piccoli gruppi.

Le unità per i più piccoli sono interne rispetto alla strada e orientate verso il giardino con accesso diretto al parco giochi. L'unità centrale contiene l'ingresso principale in collegamento con il parcheggio, che dà al personale la possibilità di vedere chi arriva senza disturbare le unità abitative. Unità degli adolescenti è la sezione più estroversa dell’edificio ed è orientata verso la strada. I ragazzi più grandi sono incoraggiati ad essere parte della città e impegnarsi in attività sociali in condizioni di parità con i loro coetanei.

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Le funzioni istituzionali tipiche quali l'amministrazione, camere e stoccaggio del personale sono per lo più ubicati nel seminterrato e al primo piano in modo che essi vengano "sollevati" dalla vita di tutti i giorni degli abitanti e siano ridotte al minimo le spiacevoli sensazioni di vivere in un istituto. L’organizzazione razionale dell'edificio assicura, percorrendo brevi distanze, l’accesso alle diverse unità, in modo che il personale sia sempre vicino ad ogni ospite. Le procedure di lavoro del personale sono armonizzate efficacemente nella routine quotidiana, permettendo agli operatori di passare più tempo e prendersi cura dei bambini, più in una casa che in un’istituzione.

Le spiagge più strane (e belle) del mondo

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"Il mondo è la più imponente e meravigliosa opera d'arte" e in quanto tale va non solo ammirata, ma soprattutto salvaguardata. Ogni paesaggio non è mai uguale a se stesso e luoghi fantastici si nascondono in riva al mare. Da Nord a Sud, da Est a Ovest esistono spiagge incontaminate che sembrano uscite dalla penna di qualche scrittore dalla fervida immaginazione, invece, è tutto vero, non si tratta d’immagini costruite a Photoshop bensì di quelle più belle e strane al mondo. .

VIAGGIO IN DANIMARCA: L'ARCIPELAGO PER VACANZE ECO-CHIC

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In copertina: la Shark Beach, Australia

SPIAGGE VERDI, ROSA E BLU

In giro per il mondo se ne vedono di tutti i colori: come sulla tavolozza di un pittore anche la sabbia si colora dal verde al rosa, dal bianco al nero. In Australia nella baia degli squali la spiaggia è conosciuta anche come la Shell Beach in quanto è costituita da milioni di milioni di piccoli gusci di conchiglie bianche. L’alta concentrazione di sale nell’acqua favorisce, infatti, la proliferazione di questa particolare specie di mollusco. Mentre i granelli di sabbia sia della Punaluu Black Sand Beach nelle Hawaii, sia della Vik Beach in Islanda sono in basalto dal caratteristico colore nero.

caption:La Punaluu Black Sand beach nelle Hawaii

caption:La Vik Beach, in Islanda

La Papakolea– Hawaii – è una delle quattro spiagge di colore verde esistente al mondo. Non si tratta d’inquinamento, ma semplicemente di un minerale che si trova nelle ceneri di alcuni vulcani. Invece, alle Bahamas è possibile ammirare la Pink Sand Beachdal caratteristico colore rosa pallido: la battigia è, infatti, costituita da frammenti di corallo, piccole conchiglie e da carbonato di calcio.

caption:La spiaggia Papakolea, Hawaii

caption:La Pink Sand Beach, alle Bahamas

Le spiagge dell’isola Rabida nelle Galapagos si presentano di colore rosso mattone a causa delle ceneri del vicino vulcano e della corrosione delle sue pendici. Invece, il viola della sabbia della Pfeiffer Purple Sand Beach– California – è dovuto alle particelle di manganese erose dal mare.

caption:La spiaggia dell'isola Rabida, Galapagos

Alle Maldive a Vaadhoo il caratteristico colore blu, questa volta del mare in una stretta striscia nei pressi del bagnasciuga, è causato dalla presenza di un phitoplancton che al calar della notte s’illumina.

SPIAGGE SURREALI

Strane forme si notano lungo la spiaggia di Koekohe in Nuova Zelanda: forse George R. R. Martin si è lasciato ispirare da questi scogli che ricordano le “uova di drago” per scrivere le cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Oppure bisogna andare in Irlanda per ammirare la Giants Causeway Beach, famosa e tutelata dall’UNESCO per le sue colonne poligonali di basalto stratificato impregnate di mito e leggenda.

caption:La spiaggia di Koekohe in Nuova Zelanda

caption:La Giants Causeway Beach in Irlanda

caption:Le spiagge di Algarve (Portogallo) e di Ribadeo (Spagna)

Alcune scogliere, grazie al costante aiuto del mare, hanno assunto delle forme architettoniche come ad esempio in Portogallo in località Algarve oppure in Spagna dove, nei pressi di Ribadeo, è possibile ammirare la spiaggia delle cattedrali.

Il carcere diventa un caffè: il riuso che reinterpreta per contrasto

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Lo studio australiano Biasol Design Studio ha progettato il caffè nella prigione di Pentridge, porzione di un intervento più ampio di riconversione, all’interno delle mura storiche di Bluestone, a pochi chilometri da Melbourne. La struttura carceraria è diventata un villaggio sede di un complesso residenziale e commerciale. Facendo riferimento alla storia dell'edificio, i progettisti hanno chiamato il progetto “Giuria Cafe”.

DA STAZIONE DI POLIZIA A RISTORANTE: IL RECUPERO A SIDNEY

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I 475 metri quadrati del Caffè si trovano all'interno del perimetro in pietra muraria della prigione che prima di essere dismessa, nel 1997, ha ospitato tra i suoi detenuti il noto romanziere e criminale Chopper Read.

Gli architetti hanno aggiunto puntoni in legno chiaro e arredi in compensato verniciato color pastello, bianco e nero creando un piacevole effetto a contrasto con le pareti di pietra scura e cemento originarie.

Come un progetto di interior design, “Giuria” ha presentato diverse sfide per i progettisti, convinti di dover rispettare il passato di un luogo oscuro come una prigione ma credendo nella possibilità di infondere nuova vita al caffeteria come luogo rilassante per chi lo frequenta.

Il tema del contrasto ha portato lo studio a giocare con le idee. E tante suggestioni diverse hanno condotto a inserire, a contrasto con le pareti di pietra blu scuro, una tavolozza di colori brillanti e legni biondi.

La struttura in legnoè organizzata in un schema triangolare replicato lungo le pareti, il soffitto e il bancone del bar.

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I puntoni tra i montanti sono dipinti nei toni del nero, bianco, rosa e blu, e si alternano a fondi colorati o lasciati alla tonalità naturale propria del legname. Anche il controsoffitto è colonizzato dalla griglia.

Il caffè, che è stato completato nel marzo, è semplice e disadorno, ma con piccoli dettagli divertenti.

La struttura ha realizzato un effetto ludico, riportando il sito a nuova vita e ha permesso di esorcizzare il suo oscuro passato, affrontando con nuova linfa il futuro.

Le luci pendenti, con cavo tessile rosso sangue e lampade scultoree, sono state appese in formazione in modo da disegnare una L sul bancone di legno.Sopra i tavoli, i cavi dai colori vivaci sono avvolti intorno alle capriate del soffitto di legno per diminuire la lunghezza. Altri sono attorcigliati ai muri e dietro un grande logo di legno che mette in mostra il nome del locale dietro il bancone.

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La scritta in legno, cava all’interno, mostra il contrasto tra il muro e il materiale di cui è fatto l’arredo.

Una mensola sottile sotto ospita sacchetti di carta marrone di chicchi di caffè e piante in vaso con fronde che hanno cominciato ad avvolgere, quasi forza vivificante, in modo lento ed inesorabile, ogni arredo.

Anche l’unico pilastro in cemento è stato rivestito dalla “maglia” di legno e ne sono state ricavate  scaffalature e un traliccio per le piante.

Gli sgabelli di compensato semplici e i tavoli sono stati progettati per lo spazio dallo studio Biasol, e sono stati sistemati lungo il perimetro, vicino alle finestre.

Città italiane a confronto: la classifica di quelle in cui si vive meglio

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È stato pubblicato il 27 Novembre il XXI rapporto di Ecosistema Urbano, il rapporto di Legambiente, Istituto di Ricerche Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore, sulla qualità dei capoluoghi italiani.

Per valutare la classifica delle città italiane proposta è necessario però confrontare i dati ottenuti con quelli delle principali città europee.

Il rapporto ufficiale di Legambiente parla infatti di “Erba del vicino sempre più verde” e di “mal comune” facendo così un poco velato riferimento alle nettamente migliori prestazioni delle città europee rispetto a quelle del nostro territorio.

LA CLASSIFICA DELLE CITTÀ ITALIANE NEL XX RAPPORTO DI LEGAMBIENTE

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L’EUROPA: “L’ERBA DEL VICINO”

Le città europee dimostrano un ottima capacità di rigenerarsi, reinventarsi e migliorarsi, carente invece in Italia. Numerosi sono gli esempi di tale tendenza: le città di Bilbao e Barcellona hanno smantellato aree degradate delle periferie sfruttando l’occasione in un caso del Guggenheim Museum e nell’altro delle Olimpiadi del 1992; Londra gode di un quartiere a zero emissioni di CO2, il Beddington Zero Energy Development e Malmo, in Svezia, ha creato l’analogo Augustenborg. Vienna vanta l’Autofrei Siedlung, un quartiere dove gli abitanti, alla firma del contratto di acquisto di una casa, si impegnano a non comprare un’automobile e a utilizzare solo mezzi pubblici. Altri numerosi esempi sono Berlino, dove tutto il centro è zona 30, Parigi, promotrice di una città senz’auto e Copenaghen con una riqualificazione spinta della zona portuale. 

LA SITUAZIONE ITALIANA

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Il rapporto Ecosistema Urbano, che quest’anno si concentra sulla qualità delle politiche ambientali, valuta 18 parametri differenti riguardanti la qualità dell’aria e l’inquinamento atmosferico, la mobilità sostenibile, il trasporto pubblico, la gestione dei rifiuti e la raccolta differenziata, l’uso della risorsa acqua e il consumo di energia.

In vetta alla classifica troviamo Verbania, che colleziona ottimi punteggi in tutti gli ambiti.

A seguire sul podio troviamo Belluno, con buoni indicatori di qualità dell’aria e mobilità, e Bolzano, con una percentuale elevata di differenziazione dei rifiuti.

In fondo alla classifica troviamo invece Crotone, Isernia ed Agrigento che contano basse percentuali di raccolta differenziata dei rifiuti (solo l’8% a Isernia), alto tasso di motorizzazione (3 viaggi all’anno per abitante sugli autobus a Crotone) e alte perdite di acqua nel sistema impiantistico generale.

Nonostante alcuni capoluoghi presentino buoni punteggi su gran parte dei parametri, è da tenere presente il confronto con la situazione europea.

Anche le città italiane in vetta alla classifica risultano essere mediocri rispetto alle vicine europee.

L’Italia presenta quindi un quadro ancora non ottimale dal punto di vista ambientale, della gestione della risorse e dei rifiuti, e della riqualificazione urbana ed è ancora lontana dallo standard europeo.

L’applicazione web per personalizzare il proprio pavimento

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Quello del pavimento è tra gli acquisti finali che si effettuano quando si ristruttura casa, e tra i più importanti. La scelta del pavimento è fondamentale perché influenza molto l’aspetto degli ambienti e la sensazione che si ha di essi. A seconda del materiale, del colore e delle forme scelte si ottengono ambienti che comunicano accoglienza, igiene, eleganza o ricercatezza.

Acquistare un pavimento non è semplicissimo. Un po’ per via delle numerosissime alternative sul mercato, un po’, e soprattutto, perché non è semplice, a partire da una piccola piastrella allo showroom, figurarsi un intero pavimento in casa nostra. Insomma non è lo stesso che acquistare un abito, che possiamo provare immediatamente: del pavimento possiamo avere dei campioni, ma difficilmente potremmo provarlo in casa prima di acquistarlo.

IL CONFIGURATORE DI PAVIMENTI ONLINE

Per questo Kronos Ceramiche, azienda italiana da sempre orientata alla ricerca e all’innovazione, ha lanciato il configuratore online di Trellis, una web app che permette di creare una composizione personalizzata di Trellis e di vederla in anteprima.

Trellis è una linea di pavimenti creata dal designer Gordon Guillaumier che celebra l’eleganza e la versatilità di due materiali: sulla superficie di gres procellanato si incontrano la durezza del cemento e il calore del legno. Con l’aiuto del configuratore, con questa linea è possibile creare bellissime composizioni a partire da forme elementari.

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Si può scegliere di iniziare da una forma quadrata (disponibile in due formati di lato 60 e 20 cm) o una esagonale. Selezionato il formato, si inizia a giocare (perché una volta presa la mano ci si diverte) anche con i colori, prevalentemente neutri per essere adattati ad ogni tipo di spazio.

Selezionate le singole mattonelle le si trasporta sulla griglia per inventare il proprio pattern. La composizione è modificabile in qualsiasi momento: le piastrelle posizionate sulla griglia possono essere spostate o ruotate e addirittura si può cambiare il colore della fuga.

Quando si è soddisfatti del risultato, il simulatore ci fa visualizzare la configurazione creata.

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A partire da semplici forme e colori si creano composizioni originali applicabili sia a pavimento che a parete, adatti tanto a spazi residenziali quanto ad ambienti domestici. Che aspettate ad iniziare?

E se tornassimo all'Architettura? La sostenibilità quando ancora non la chiamavamo così

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La più vivida conferma di quanto antiche siano le origini dei principi che oggi chiamiamo “sostenibili” proviene dalle parole cristalline di un famoso commediografo di “qualche” tempo fa:  “Solo i primitivi e i barbari non conoscono le tecniche per orientare gli edifici in modo da catturare il sole d’inverno.” (Eschilo - V sec. a.C.)

RESPOSABILITÀ DELL'ARCHITETTO: IL DEGRADO DELLE CITTÀ
 

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In copertina: Santorini, Grecia, brilla oltre che per bellezza anche per le sue strategie bioclimatiche per difendersi dal caldo, valide oggi come due millenni fa (effetto albedo, muri massivi, orientamento solare, porticati…). 

PUÒ ESISTERE L’ARCHITETTURA INSOSTENIBILE?

Le parole di Eschilo sembrano scritte ieri, eppure hanno duemilacinquecento anni. Oggi più che mai, per chi fa (o vorrebbe fare) della sostenibilità la propria eccellenza, è estremamente opportuno fermarsi un momento a riflettere sulle ragioni per le quali adesso, per la prima volta dopo millenni, si sia reso necessario il ricorso a termini extra da aggiungere alla parola architettura al fine di evidenziarne i caratteri di ecologicità. Evidentemente, siamo diventati ciò che Eschilo considerava primitivo e barbaro, ovvero una civiltà che è riuscita a dimenticare quello che per gli antichi era l’assoluta normalità, dando noi oggi il carattere di eccezione a ciò che dovrebbe essere la regola, e che per millenni lo è stata.

Ciò ha del paradossale: parlare di architettura sostenibile ha senso esattamente quanto parlare di ingegneria funzionale, di filosofia intellettuale o di astronomia spaziale. Viene da sorridere, ovviamente, davanti all’evidenza disarmante di tali pleonasmi: come mai potrebbe essere chiamata Architettura qualcosa di insostenibile, che anziché arricchire l’uomo lo impoverisce e lo depreda, facendo strame degli equilibri naturali e quindi della sua stessa salute? Se oggi (ci) siamo costretti all’uso di prefissi e aggettivi è perché per molti (troppi) anni siamo stati abituati a considerare architettura ciò che non andava oltre una mediocre (neppure buona) edilizia; con buona pace di molta critica contemporanea spesso troppo occupata a dibattere su quanti postmoderni danzano sulla punta di uno spillo, per accorgersi di avere davanti una catapecchia disegnata male e costruita peggio.

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Per molto tempo tanti architetti hanno riso delle architetture della tradizione, così fortemente legate agli archetipi, al genius loci e ai materiali poveri, così poco “macchine per abitare”…Ma quando sentiamo la parola “casa” è sempre qui che il nostro cuore finisce.

UNO SGUARDO ALLA STORIA

Sino agli inizi del XIX secolo si può difatti ritenere che l’architettura, tanto nei suoi aspetti tecnologici quanto in quelli morfologici e tipologici, sia stata condizionata - e in misura determinante - dalle specificità climatiche e ambientali dei luoghi in cui essa si realizzava. Successivamente la convinzione secondo la quale gli edifici potessero essere costruiti indistintamente con identiche caratteristiche per qualsiasi condizione climatica si è cominciata a imporre con rapido consenso, assegnando alla sola componente impiantistica il dispendioso compito di realizzare le condizioni di benessere all’interno degli ambienti. In effetti era la soluzione più facile in un mondo in rapida crescita dove l’approvvigionamento di energia era tutto sommato un problema trascurabile. 

Quanto però fosse poco lungimirante dimenticarsi della Storia ci ha pensato la crisi energetica degli anni settanta a evidenziarlo, innescando un lento ma generale ripensamento circa la necessità di correlare i caratteri morfologici e tecnologici degli edifici con le specificità climatiche del sito. Un assunto che oggi si declina nella quotidiana ricerca volta a massimizzare le prestazioni energetiche degli involucri edilizi e ad alimentare i fabbisogni energetici residui tramite risorse rinnovabili.

caption:Islanda, le tradizionali e meravigliose Turf House. Calde e asciutte  anche nel freddo e umido inverno del Nord. Mentre in Paesi come Norvegia, Scozia, Irlanda e Groenlandia sono considerate abitazioni ad uso esclusivo dei ceti bassi, in Islanda sono diffuse a prescindere dalla classe sociale; impiegate talora anche come luoghi di culto.

ARCHITETTURA CERCASI 

L’architettura “con i prefissi” (o con i suffissi, a seconda) cerca dunque di ambire allo scopo più alto e al tempo stesso più antico dell’arte del costruire. Eppure come si è visto, lo studio delle soluzioni tipologiche e costruttive volte al conseguimento del massimo comfort abitativo mediante l’impiego minimo di risorseè stato chiamato per più di venti secoli semplicemente "Architettura". Ma a quanto pare viviamo in un’epoca in cui se ti dimentichi di specificare che il fuoco è caldo qualcuno rischia di ustionarsi (e qui Darwin ci deve delle spiegazioni). 

Laddove l’Architettura non smentisce se stessa e la sua vocazione di “scienza adornata di molte cognizioni” (come ci ricorda Vitruvio), operare distinguo fra sostenibile e insostenibile diventa futile: la Natura non conosce processi insostenibili, inutili o inefficienti. Persino le zanzare, mi hanno spiegato, pare siano utili (e qui Iddio, if any, ci deve anche lui delle spiegazioni).

(Tutto superfluo quindi? E allora il nome di questo sito? Toccherà cambiarlo? Dicci che fare!) 

Calma ragazzi, calma. Oggi questi termini sono ancora necessari. E lo saranno per un bel po’. Occorre solo ricordare a cosa servono davvero: bio-eco ecc. ci servono oggi per costruire il giorno nel quale essi stessi non saranno più necessari. Solo allora l’architettura bio-eco-ecc. avrà davvero conseguito il suo obiettivo.

La nuova classifica delle smart city italiane

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ICityLab ha pubblicato la nuova classifica delle città intelligenti italiane. Prima classificata: Milano. Sono ormai diversi anni che Forum PA insieme ad ICityLab e all’Osservatorio Nazionale Smart Cities si occupa di analizzare gli sviluppi di “smartness” delle città italiane, definendo, di volta in volta, un’analisi sotto forma di classifica. L’obiettivo? Mostrare un’immagine, il più possibile completa, del grado d’implicazione del nostro paese nei progetti “smart city”.

CHE COS'È UNA SMART CITY?

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LE PRIME TRE CITTÀ PIÙ SMART D’ITALIA

Al primo posto si classifica Milano (terza lo scorso anno) grazie ad economia, capacità d’innovazione e grazie agli interventi sulla mobilità. Al secondo posto Bologna (prima lo scorso anno) mentre il terzo posto spetta a Firenze (solo settima nel 2013).

GLI INDICATORI PER STILARE LA CLASSIFICA

La graduatoria viene stilata sulla base di un set di indicatori indicatori volti ad approfondire le 6 tradizionali categorie tradizionalmente attribuite alla smart city:

  • Smart Economy
  • Smart Environment
  • Smart Mobility
  • Smart Governance
  • Smart Living
  • Smart People.

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Circa 100 gli indicatori, suddivisi in maniera variegata tra le sei macro-categorie:

Economy

La dimensione economy valuta le città secondo dati di produttività, imprenditorialità, qualificazione del lavoro, direzionalità, disponibilità del credito, internazionalizzazione produttiva ma anche secondo aspetti che ne delineano l’innovatività, come innovazione produttiva, diffusione di start-up, attenzione alla ricerca.

Living


La dimensione living utilizza dati come assistenza sanitaria, sicurezza, cura dell’infanzia e degli anziani, opportunità di lavoro, coesione sociale, sharing economy, attrattività.

Environment

La dimensione environment si concentra su qualità dell’aria, sistemi di raccolta indifferenziata, quota di spazi verdi, dispersioni di acqua, riciclo dei rifiuti, consumo di energia, imprese green, incidenza di verde ed eco management.

Mobility

La dimensione mobility su accessibilità, mobilità sostenibile ed alternativa, ciclabilità, adeguamento ecologico, limitazioni del traffico e propensione alla mobilità collettiva.

People

La dimensione people su istruzione della popolazione, partecipazione sociale, mercato del lavoro, cultura, quantità di connessioni e accessi alla rete per famiglia, informatizzazione scolastica e partecipazione a social network.

Governance

La dimensione governance infine su partecipazione politica ed elettorale, livelli di fiducia, stabilità economica, capacità gestionale, propensione all’associazione, pianificazione ambientale, rendicontazione sociale, comunicazione delle istituzioni.

IL CONFRONTO CON LE PASSATE EDIZIONI

Rispetto agli anni precedenti (2013 e 2012) il report fa notevoli passi avanti nella qualità degli indicatori in quanto, per la prima volta, cerca di definire alcuni descrittori di innovatività (ad esempio presenza di start-up, di social network, di ecomanagement o di imprese green).

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Ed è sulla base di questi parametri tradizionali ed innovativi, che il report mette in luce un’immagine nazionale diversificata, ancora una volta, sia rispetto alla collocazione geografica, sia rispetto alla dimensione urbana:

  • tre città metropolitane in testa, Milano, Bologna, Firenze, seguite quasi immediatamente da Venezia. Maggiore capacità di adattarsi ai cambiamenti sociali e ambientali? Certamente sì, ma probabilmente anche maggiore disponibilità di fondi e forse anche migliore reperibilità dei dati;
  • qualità delle città medie del Nord, che probabilmente risentono di un ambiente circostante più frizzante;
  • ritardo del Mezzogiorno, che nonostante registri alcune punte di diamante, come Cagliari, per capacità di innovare, non riesce ad eguagliare i territori del Nord.

E ancora, l’immagine graficizzata della città di Milano risulta interessante se ci affidiamo a questo tipo di analisi, in quanto mostra immediatamente gli ambiti preferiti di intervento ma anchela lontananza rispetto ad un vero progetto di miglioramento integrato del tessuto urbano. In particolare il settore environment ne risulta particolarmente penalizzato. Nonostante il cambiamento climatico sia una delle priorità a livello europeo e mondiale e nonostante le strategie per migliorare la transizione verso una società più attenta all’ambiente e più consapevole siano ormai in fase di grande diffusione, notiamo come anche alcune delle città più virtuose del territorio italiano, stando a questa analisi, siano ancora molto carenti.

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Certo è che la stessa analisi di ICityRate risulta carente, forse, di veri indicatori di environment che, ad esempio, valutino la qualità del costruito e del parco edilizio esistente, ormai risaputamente causa di gran parte delle emissioni di CO2, e che valutino la qualità e la presenza di progetti per il suo miglioramento, ma anche la capacità di riutilizzo degli edifici dismessi e di riciclo delle aree urbane aperte. Aspettiamo, dunque, un’edizione 2015 in cui anche i parametri ambientali siano maggiormente stressati ed ampliati, per verificare a che punto siamo davvero in Italia sulla sostenibilità. 

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The Chapel eletto edificio dell'anno. Vince l'abbraccio tra storia e modernità

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L’edizione 2014 del WAF, World Architecture Festival, uno dei maggiori eventi di architettura nel mondo che si tiene ogni anno a Singapore, ha il suo vincitore. Miglior edificio dell’anno è “The Chapel”, progettato da a21studio e realizzato poco distante da Ho Chi Minh, in Vietnam, aggiudicandosi la prima posizione anche nella categoria “Civic and Community”.

LA CAPPELLA NEL BOSCO RISORGE DALLE SUE CENERI

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"È un progetto che abbraccia la storia e la modernità, creando un dialogo fra esse - ha spiegato la giuria – ed è stato raggiunto il massimo risultato utilizzando la minima quantità di materiali. La struttura provoca un cambiamento inatteso di ritmo rispetto al contesto in cui è inserita e colore e luce sono stati usati per mettere le persone a proprio agio. Gli architetti hanno espresso la poesia nell’ordinarietà”.

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UNO SPAZIO PER LA COMUNITÀ

The Chapel è stata ideata con uno scopo comunitario, per divenire luogo d’incontro e di accoglienza per eventi culturali, matrimoni e attività organizzate dalla collettività. La cappella risponde alla necessità di creare un punto focale attrattivo per la popolazione residente in un quartiere da poco realizzato alla periferia di Ho Chi Minh, ancora totalmente mancante di punti di riferimento.

RECUPERO DEI MATERIALI

Per costruirla, sono stati utilizzati materiali recuperati da strutture preesistenti a livello locale, ad esempio telai di acciaio e lamiere. L’interno è caratterizzato da un ambiente total-white, eccetto il pavimento di legno, anch’esso riciclato. Una striscia di teli colorati crea un bellissimo effetto arcobaleno e conferisce ulteriore leggerezza e luminosità alla struttura, evidenziando l’albero d’acciaio che sostiene l’edificio.

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GLI ALTRI VINCITORI

Nelle altre categorie sono stati premiati i migliori progetti realizzati o in corso di realizzazione tra cui:

  • Categoria New and Old: Rethinking the Split House, Studio Neri&Hu Design and Research Office (Shanghai, China);
  • Categoria Culture: Danish Maritime Museum, Studio BIG (Denmark);
  • Categoria Hotel and Leisure: Son La Restaurant, Studio Vo Trong Nghia (Son La, Vietnam);
  • Categoria Villa: Dune House, Studio Fearon Hay Architects Ltd. (Omaha Bay, Auckland, New Zealand);
  • Categoria Production, Energy & Recycling: Lune de Sang Sheds, Studio CHROFI (Byron Hinterland, Australia);
  • Categoria Transport: Scale Lane Bridge, Studio McDowell+Benedetti (Kingston upon Hull, United Kingdom);
  • Categoria Health: Chris O’Brien Lifehouse, Studio HDR Rice Daubney (Sydney, Australia);
  • Categoria Sport: Singapore Sports Hub, Studio Singapore Sports Hub Design Team (Singapore);

Infografica e rappresentazione delle città: un progetto racconta la Puglia

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L’infograficaè una rappresentazione semplificata di informazioni più o meno complesse. Come forma di comunicazione sta riscuotendo sempre più successo, perché con una visualizzazione attraente consente di comprendere e digerire praticamente qualsiasi dato, dal sistema elettorale ai curricula vitae. Anche le più famose architetture, grattacieli più alti e prodezze strutturali, edifici comuni e piccole città sono stati rappresentati grazie alle infografiche. Come si può sintetizzare la realtà e quali i processi rappresentativi? Lo scopriamo con un'intervista ad Alessandra Carbone che ha raccontato la sua città con tinte piatte e linee efficaci. Il progetto B70032, in collaborazione con Domenico Guaccero e Giuseppe Cornacchia, rappresenta monumenti storici e simboli di Bitonto, come il grifone della Cattedrale romanica, prelibatezze culinarie e peculiarità pugliesi.

Puglia: dal Salento il design tra riciclo e tradizione

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Come è nata l’idea progettuale? Quali sono i protagonisti?

B70032 collection souvenir design&more, in realtà, è un progetto molto ampio, ma per comodità lo definiamo progetto di marketing territoriale in cui l’esperienza di un luogo viene raccontata attraverso oggetti fortemente connotanti. La linea è nata a Bitonto (Bari) e il Codice di Avviamento Postale ha ispirato il marchio. Raccontiamo i monumenti, i prodotti tipici, gli usi e i costumi, attraverso una ricerca che abbiamo dovuto, in questa prima fase, limitare a 16 soggetti.  La ricerca su un territorio è piuttosto illimitata, così come lo sarà la nostra linea, ovvero sempre in divenire.

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In base a quali criteri sono stati scelti i monumenti e i temi della città? Turisti e residenti restano incantati dalla purezza delle chianche, dalle stradine strette e del profumo dei panni stesi nelle cittadine assolate della Puglia. Con piacere si scopre che nella collezione c’è spazio per edifici di vari periodi storici: non solo l’imponente Torrione Angioino ma anche la più recente Basilica dei S. Medici, i taralli tipici e la Galleria Nazionale… com’è avvenuta a livello tecnico questa trasposizione su carta? Hai utilizzato foto, schizzi dal vero, disegni tecnici…

In qualità di designer del progetto, parto innanzitutto dalla ricerca, scelgo alcuni soggetti rappresentativi che possano dare, nell’insieme, l’idea del luogo. Li fotografo, studio le immagini realistiche e, come ultima fase, essendo una progettista della cartachesintetizza concetti per professione, realizzo il segno grafico.

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Leonardo da Vinci diceva che la semplicità è il più alto stadio di sofisticazione. Non la pensano così la maggior parte dei clienti che spesso esigono risposte complicate a quesiti semplici. Anche la rappresentazione architettonica è cambiata nel tempo, dai disegni a mano libera si è arrivati a render foto-realistici e simulazioni video. Si avverte sempre una certa diffidenza da parte dei profani verso le nuove forme rappresentative che, seppur con varie tecniche e approcci, non comportano minore energie e talento…

Curiosità, sperimentazione e creatività sono l’essenza del mio modo di vivere. Spaziando nei campi più diversi ho sempre cercato un modo nuovo per esprimermi con stile ed essenzialità. Cerco di vivere con coerenza e di chiedermi il perché delle cose e degli avvenimenti intorno a me. Mi pongo di fronte alla realtà concreta che, senza attenzione, sfuggirebbe, cercando di riprodurla con semplice verità. In vena di citazioni, ne faccio una anche io, del grande maestro Bruno Munari: complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere tutto quello che si vuole, perché il senso dell’abbondanza da, erroneamente, l’idea di riempire i vuoti, ma gli spazi non sono vuoti, sono spaziPer semplificare bisogna togliere, e per togliere bisogna sapere cosa togliere. Togliere invece che aggiungere vuol dire riconoscere l’essenza delle cose e comunicarle nella loro essenzialità. A queste forme ci sono giunta grazie alla passione per la ricerca della purezza nell'arte visiva. Nei soggetti rappresentati c’è una composizione di forme colorate che, per la disposizione sulla superficie e per l'intensità del colore, danno una sensazione di movimento del colore che, libero dagli intralci della narrazione, propone forme autonome, mirate a cogliere ritmi, cadenze, accordi, di cui il mondo dei colori e delle forme è ricco.

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Guardando i metodi rappresentativi classici, come pensi si sia evoluto e si evolverà il gusto grafico? La semplificazione è dovuta a una necessaria riduzione di imput visivi o ad una naturale scelta di apprendimento/visione della realtà? Come quando per ricordare qualcosa appuntiamo velocemente con linee e colori a tinta unita…

Si apprende quando si stabilisce una connessione tra stimolo, ovvero il segnale che arriva dall’ambiente, e risposta, ovvero il comportamento. Il comportamento di colui che apprende risulta essere un adattamento alle contingenze degli eventi e degli obiettivi; ogni persona ha in sé la somma di tutte le esperienze passate con tutte le connessioni tra segnali, comportamenti e conseguenze. La semplificazione è una naturale scelta di apprendimento. Togliere invece che aggiungere potrebbe essere una regola per la comunicazione visiva a due dimensioni come il disegno e la pittura, a tre come la scultura o l'architettura, a quattro dimensioni come il cinema. Questo processo porta fuori dal tempo e dalle mode. Il teorema di Pitagora ha una data di nascita, ma per la sua essenzialità è fuori dal tempo.La semplificazione è il segno dell’intelligenza, cito un antico detto cinese: quello che non si può dire in poche parole non si può dirlo neanche in molte.

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Molte rappresentazioni, specie di architetture famose riportano dati tecnici ed informazioni sui progettisti o data di realizzazione. Hai mai pensato a vere e proprie infografiche che riportino dati, come percentuali e statistiche rese meno noiose da cromie e grafici?

Nella preistoria, i nostri antenati hanno creato le mappe, primi esempi di infografica. La cartografia è di parecchi millenni precedente alla scrittura. Nel 1626 Christoph Scheiner pubblica Rosa Ursina, in cui usa una grande varietà di elementi grafici per rivelare la sua ricerca astronomica sul sole, usando una serie di immagini per spiegarne la rotazione. Le infografiche, descrivendo dati e informazioni come fossero immagini, sono perfette per spiegare con semplicità elementi complessi e sicuramente questa è una delle strade in cui B70032, con i suoi tanti racconti, si evolverà.

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La città non è fatta solo di architetture, ma anche di sapori, profumi e colori. Al di là del valore educativo della rappresentazione semplificata delle architetture, non è possibile illustrare la città con il solo costruito… la geografia emozionale geografia emozionale ci insegna a classificare e codificare le realtà e il nostro vissuto con i sentimenti quali protagonisti indiscussi … che relazione hanno i tuoi disegni con i colori e il tuo vivere la tua terra?

I colori, tanti, diversi, vari, ognuno con un suo impatto, anche emotivo, l’armonia cromatica e il loro utilizzo armonico, fanno parte del nostro vissuto fin dalla più tenera età, partendo da una scoperta che poi è certezza: l’armonia è data in natura, a noi tocca solo riprodurla (a questo proposito ha pubblicato un libro per bambini sull’utilizzo dei colori armonici in natura, La natura e i suoi colori - Edizione La meridiana, n.d.r.). Se la nostra natura è la terra degli ulivi, con i suoi verdi e i suoi marroni caldi, il mare con i suoi azzurri, la chianca dei nostri centri storici, le architetture dei trulli, le forme piuttosto piatte della murgia, il profumo della focaccia nei forni in pietra, o quello del calzone di cipolla e il ragù la domenica nei vicoli, a noi non rimane che osservare, educarci ed educare all’armonia e alla bellezza che è intorno, fuori e dentro di noi. Perché la bellezza ha un potere: rendere tutti più belli, che per gli antichi significava anche più buoni. Buona scoperta del bello e del buono che è in ognuno!

L'architettura dei materiali naturali e di recupero

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Qualche anno fa li avremmo presi per pazzi e visionari, oggi le nuove generazioni di architetti che operano nel credo del “naturale e sostenibile”, rappresentano ed esprimono le necessità di un pianeta ormai al collasso, bisognoso di soluzioni alternative all’architettura tradizionale, di esempi all’avanguardia, dal forte impatto sociale e dall’elevato valore educativo realizzati con materiali naturali e di recupero.

Materiali fuori dal comune: cattedrali vegetali e di cartone

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COSTRUZIONI CON MATERIALI ORGANICI

A New York, lo studio The Living ha vinto il concorso Young Architects Program, presentando un mattone ottenuto con gli scarti di mais. I giovani e creativi talenti hanno progettato, per un evento musicale tenutosi lo scorso giugno, ”Hy-Fi”, una torre circolare costruita al MoMa con questi mattoni biologici, prodotti con una combinazione rivoluzionaria di gambi di mais. Finito l’evento, la torre è stata smontata e il materiale fornito ai giardini delle comunità del Queens.

Bellissimo pensare intere case edificate con i rifiuti organici raccolti nelle fattorie.

In fondo, pochi immaginavano che il bambù, con le sue caratteristiche di resistenza, flessibilità ed eco sostenibilità, entrasse nella categoria dei materiali edili dei nostri tempi. E questo grazie anche alla strada tracciata da un signore alternativo, un certo Shigeru Ban, l’anti-archistar giapponese, premiato quest’anno con il Pritzker Prize, cioè l’Oscar degli architetti. Lui più di altri, ha scommesso su strutture realizzate con materiali di recupero o economici, come bambù e cartone.

COSTRUZIONI CON MATERIALI DI RECUPERO

Nel mondo, però, c’è chi osa di più, soprattutto in quei paesi dove i materiali architettonici low cost hanno un impatto sull’economia della gente. È l’esempio di Michael Reynolds che si è inventato l'“Earthship”, un’abitazione in paglia, legno, pneumatici riempiti di terra per i muri portanti, vetro e lattine. Una soluzione esportata un po’ in tutto il mondo ma che, in Italia, ha incontrato un mare di ostacoli regolamentari, frenando ogni esperimento.

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COSTRUZIONI CON I CONTAINER

Un sistema abitativo che, invece, regge bene l’impatto con la realtà urbana, è quello delle case fatte da container. In Cile, Sebastian Irarrazaval ha progettato a Santiago, “Caterpillar House”, una struttura prefabbricata costituita da 12 container, che vanta un sistema di ventilazione naturale degno di una pala eolica.

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A Johannesburg è sorta “Mill Junction”, la casa dello studente formata da 375 container a quaranta metri da terra, posati su alcuni silos.

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A sud di Berlino, 40 container sono diventati “Frankie & Johnny”, un campus per studenti progettato da uno studio di Zurigo.

Soluzioni a volte discutibili per il loro estremismo visivo ma che senz’altro incontrano le possibilità economiche, soprattutto dei giovani: 200 euro mensili per vivere con tutte le utenze comprese nel prezzo.

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Deforestazione dell’Amazzonia: la video denuncia

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La deforestazione dell’Amazzonia avanza incessabilmente: è il messaggio che arriva dal video shockrealizzato dalle immagini del satellite Landsat scattate dal 2001 al 2011. Il verde scuro e compatto, con lo scorrere delle immagini e degli anni, diventa sempre più rarefatto a testimonianza di un’incessante riduzione del "polmone verde" a favore di campi coltivati ed aree edificate. Una distruzione del patrimonio più straordinario e misterioso della terra, per convertire le aeree ad uso commerciale, per l’allevamento bovino e per la vendita di legno illegale. Purtroppo il disboscamento non è l’unico disastro ambientale mostrato dal satellite; sono stati documentati anche la rapida crescita di Las Vegas, il prosciugamento del lago Urmia in Iran e il ritiro del ghiacciaio Columbia in Alaska. Infatti, da luglio del 1972, i satelliti di Landsat hanno raccolto immagini da tutta la Terra, denunciando cambiamenti ambientali causati dalle attività umane e da processi naturali.

LA LETTERA DEL CAPO INDIANO MANIFESTO PER LA TUTELA DELL'AMBIENTE

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LA FORESTA PLUVIALE PRESA D’ATTACCO

Laddove vi era foresta vergine e poche strade che attraversavano territori vastissimi, ora vi sono aree enormi disboscate sotto colpi di ruspe e motoseghe; bruciate, in seguito, per eliminare il sottobosco rimanente. Il video risale al 2002, ma la situazione è oggi peggiorata: il disboscamento continua imperterrito a ritmi velocissimi. Infatti, telecolor.netriporta che a settembre, secondo i nuovi dati satellitari forniti dall’organizzazione no profit Imazon, sono stati rasi al suolo ben 402 km quadrati di foresta, il 290% in più rispetto allo stesso mese del 2013, per destinare il terreno ad altro uso. Oltre a questo si aggiunge il fenomeno delle foreste degradate, cioè molto sfruttate dal disboscamento o arse. La superficie interessata nel mese scorso è di 624 km quadrati, con una crescita esponenziale rispetto ai 16 km quadrati del settembre 2013. Ogni minuto vengono abbattuti 2.000 alberi.

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Una situazione critica che mette a rischio non solo la sopravvivenza della foresta ma anche l’intero ecosistema del Sudamerica. La foresta amazzonica ha infatti un ruolo fondamentale nel ciclo dell’acqua. ”Poche persone sanno veramente che un albero dell’Amazzonia è capace, grazie all’evaporazione, di rilasciare un enorme quantità di acqua nell’atmosfera. Oltre mille litri al giorno. Questo fenomeno è unico in Amazzonia. In totale, l’acqua rilasciata nell’atmosfera dalla foresta amazzonica è stimata intorno ai 20 miliardi di tonnellate al giorno” spiega Gerard Moss, un pilota e ambientalista che da anni sorvola l’Amazzonia per studiare l’impatto della deforestazione.

Negli ultimi 50 anni, come più volte denunciato dal Wwf e dalle altre associazioni ambientaliste, la foresta ha perso un quinto della sua superficie. Il ministero dell'Ambiente brasiliano non riconosce i dati rilevati della Ong di Belem Imazon, ed afferma che la deforestazione sarebbe diminuita del 18% rispetto allo scorso anno. L’allarme comunque rimane perché la perdita di copertura forestale non è compensata da nuovo rimboschimento e le foto aeree testimoniano come, mq dopo mq, la foresta sia sotto attacco continuo. Le strategie devono mirare ad una riduzione progressiva della deforestazione con lo sviluppo sostenibile delle risorse naturali e la conservazione della biodiversità.

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IL SATELLITE LANDSAT E LA PIATTAFORMA GOOGLE EARTH ENGINE

Il video è girato con la tecnica time lapse ("time",tempo e "lapse", intervallo, quindi fotografia ad intervallo di tempo), che consiste in una sequenza di immagini catturate in diversi istanti; il satellite copre la stessa area ogni 16 giorni. Il programma è stato lanciato nel 1972 come "joint venture" (una società mista) tra la NASA e la US Geological Survey.

{youtube}oBIA0lqfcN4{/youtube}

Le immagini riprese dal satellite LandSat sono state poi elaborate grazie a Google Earth Engine, una piattaforma di monitoraggio ambientale online dove le migliaia di miliardi d’immagini scattate nel corso dei decenni possono essere utilizzate gratuitamente.

La speranza è che scienziati, governi e ricerche indipendenti utilizzino i dati e l'immenso archivio di immagini, aiutando a risolvere problemi quali la deforestazione, la stima della biomassa e i livelli di carbonio. 

Fotovoltaico a concentrazione: caratteristiche e funzionamento per l’integrazione in architettura

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Il fotovoltaico a concentrazione rappresenta l’ultima generazione di impianto fotovoltaico, ma se fino ad oggi lo abbiamo visto solo nei grandi impianti isolati, posizionati lungo le autostrade, presto lo vedremo in una forma nuova, più accattivante e non meno efficiente, integrato in architettura.

Il problema del deturpamento del paesaggio a causa delle distese di impianti fotovoltaici può e deve essere superato imparando a fare un tipo di pratica molto diverso dall’usuale: pensare alla possibile integrazione di questi dispositivi alimentati da fonti rinnovabili negli edifici, sia di nuova costruzione sia nella riqualificazione di preesistenze.

rinnovabili: il fotovoltaico a concentrazione 

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Conosciamo ad oggi molti esempi interessanti di integrazione di moduli fotovoltaici composti da celle in silicio mono o policristallino, ma non abbiamo ancora visto il fotovoltaico a concentrazione.

I PUNTI DI FORZA DEL FOTOVOLTAICO A CONCENTRAZIONE

I punti di forza di questa componente tecnologica sono prevalentemente:

  • la grande efficienza (in taluni casi fino al 43%) sia elettrica che termica;
  • la bassa energia grigia che serve per produrli
  • il ridotto Payback timeperiod, stimato intorno ai 2-3 anni.

LE TIPOLOGIE DI PANNELLI PRESENTI SUL MERCATO

I diversi prototipi esistenti si differenziano a seconda del tipo di ottica rifrattiva usata e a seconda del tipo di geometria della cella, ma tutti sono accomunati dal fatto che la cella in Silicio rappresenta solo la minima parte del modulo. Sappiamo che nella produzione dei pannelli fotovoltaici classici è proprio la lavorazione del silicio e la quantità di silicio richiesta a causare un’elevata Embodied Energy.

IL FUNZIONAMENTO DEL FOTOVOLTAICO A CONCENTRAZIONE

Il funzionamento di questi concentratori può essere ricondotto a un’operazione molto semplice: rifrangere le radiazioni solari incidenti su una cella in silicio di dimensioni ridotte, come se non ci fosse solo un sole, ma ce ne fossero 200, 500 ecc. questo a seconda della tipologia di impianto installato. Inoltre, per garantire una miglior prestazione della cella in silicio, questa è circondata da un tubicino a spirale nel quale si fa passare acqua fredda che ne permette il raffreddamento, mantenendo così la temperatura del silicio al di sotto dei 25°C. Per scambio termico l’acqua si scalda e viene utilizzata per produrre energia termica. Da qui segue l’ulteriore vantaggio di questi impianti a concentrazione: permettono di produrre energia elettrica e termica allo stesso tempo.

L’INTEGRAZIONE IN ARCHITETTURA

Da anni sono stati stanziati fondi, sia a livello nazionale che internazionale, per finanziare la ricerca e la produzione di nuovi moduli di CPV (Concentrated Photovoltaic) e progettare dei pannelli che siano integrabili in architettura.

A livello internazionale interessante è il contributo di CASE (Center of Exellence of Syracuse University) che ha sperimentato il sistema  “Integrated Concentrating (IC) Solar Façade System” progettato da Anna Dyson, professoressa associata presso le facoltà di Ingegneria ed Architettura del Rensselaer Polytechnic Institute di New York.

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Il pannello è composto da moduli di forma troncopiramidale con funzionamento Phocus Lens, con base maggiore costituita da una Lente di Fresnel (di circa 25x25cm), e base minore sulla quale si trova la cella in silicio (di circa 3x3 cm). Intorno ad essa è ubicato un tubicino a spirale che costituisce l’impianto di raffreddamento della cella e permette di produrre energia termica grazie allo scambio di calore tra l’acqua che scorre al suo interno e la cella, inoltre raccoglie l’aria calda che si forma all’interno delle piramidi, garantendo una miglior stabilità del modulo, che altresì perderebbe in efficienza surriscaldandosi.

I moduli  sono uniti tra loro da elementi verticali in vetro, ogni modulo è ancorato tramite un sistema che ne garantisce  il movimento in ambo le direzioni, permettendo così ai dispositivi di inseguire il sole, esattamente come i girasoli, ottenendo una maggior produzione energetica nell’arco della giornata ed una maggior efficienza: le parabole inseguono il sole, andando a disporsi sempre perpendicolarmente alla radiazione solare diretta. Questo fa si che fungano anche da schermatura solare, essendo costituiti per lo più da vetro consentono un’ottima illuminazione naturale diffusa degli ambienti, creando giochi di luce ed ombre nell’arco della giornata e garantendo un miglior comfort termoigrometrico, impendendo il surriscaldamento e l’abbagliamento. Il fascino di queste facciate solari è legato, quindi, non solo all’aspetto energetico ed economico, ma anche estetico: il design accattivante e la loro dinamicità contribuiscono a dare un aspetto mutevole agli ambienti, inoltre permettono agli utenti di fruire di un’ottima vista verso l’esterno.

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LA MANUTENZIONE DEGLI IMPIANTI A CONCENTRAZIONE

Un aspetto molto importante è legato alla manutenibilità. In effetti gli impianti a concentrazioni sono spesso soggetti a un calo dell’efficienza a causa del vento o della pioggia, essendo posizionati all’esterno sono soggetti alle intemperie. Nel caso della IC solar façade, invece, l’impianto è integrato nelle partizioni verticali esterne dell’edificio, e si trova dietro un vetro che protegge le piramidi da agenti esterni, e permette dunque una maggior affidabilità e stabilità. Inoltre un aspetto di non secondaria importanza è la dismissione degli impianti fotovoltaici, nel caso in questione essendo costituiti per lo più da vetro sono quasi totalmente riciclabili.

L’efficienza energetica del modulo è del 43% con una stima della potenza elettrica di circa 42,5 W e una potenza termica di 18,27 W. Vanta una perdita di efficienza negli anni molto bassa: il 4% in 10 anni e il 7,5% in 25 anni. Risulta essere 2,4 volte più efficiente di un pannello fotovoltaico classico! 

Rain gardens: i giardini che ci salvano dalle bombe d’acqua

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Quando sono nate le città nessuno avrebbe potuto prevedere lo sviluppo che i rain garden avrebbero avuto e tanto meno le conseguenze che si sarebbero create. La cementificazione, più o meno controllata, ha causato una grande impermeabilizzazione dei suoli riducendo notevolmente la capacità di assorbimento dei terreni. Una prima risposta al problema era stata data con lo sviluppo del tetto verde che da anni ormai viene utilizzato in architettura, ma questo in qualche modo continua ed essere limitato alle nuove costruzioni. I rain garden al contrario, grazie alla loro facilità di applicazione, stanno letteralmente guadagnando sempre più terreno nei confronti della città, cosicchè questi giardini si dimostrano un'efficace mezzo per contrastare gli effetti delle bombe d'acqua.

RAIN GARDEN: I GIARDINI CHE RACCOLGONO L'ACQUA PIOVANA

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LA STRUTTURA DEL RAIN GARDEN

Secondo il PlaNYC 2008 (agenda per la sostenibilità di New York) i rain garden sono in grado di trattenere anche più del 50% dell’acqua piovana per rilasciarla poi gradualmente nel sistema fognario e impedirne il collasso in caso di alluvioni. La struttura si basa su di una sorta di bacino nel quale una composizione del terreno formata per il 50-60% da sabbia, per il 20-30% da compost, e per altri 20-30% da terreno superficiale, favorisce l’accumulo di acqua. Qui la flora autoctona gestisce l’assorbimento dell’acqua e il rilascio di quella in eccesso, ritardandone il tempo di immissione nella rete e riducendone l’apporto diretto. In questo modo si previene il collasso della rete fognaria e la formazione di zone di allagamento dovute all’eccessiva caduta di acque meteoriche.

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RAIN GARDENS NEL MONDO

Mint Plaza, San Francisco USA

Nati in uno spazio urbano riqualificato nel cuore della città, i rain gardens di Mind Plaza diventano un’occasione per sperimentare nuove tecnologie e pensarne un possibile sviluppo a scala urbana. Il progetto di CMG Landscape Architecture cerca di dare una risposta al problema dell’eccesivo accumulo di acqua in un’area fortemente urbanizzata, nella quale l’ormai obsoleta rete fognaria risulta insufficiente. I progettisti definiscono il progetto integrativo, inclusivo e in grado di garantire una più ricca biodiversità urbana.

La struttura della piazza si basa su di una serie di piani inclinati che convogliano l’acqua piovana verso i due rain gardens dove la vegetazione filtra l’acqua dagli agenti inquinanti e ne trattiene una parte. La restante attraversa gli strati di sabbia del giardino e finisce in un bacino sotterraneo dal quale viene rilasciata gradualmente nel terreno.

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Maplewood, Burnsville, Playmouth, Minneapolis e Duluth, Minnesota USA 

Il Minnesota ha intrapreso una politica a favore della tutela e della salvaguardia delle aree urbane, basata sulla costruzione dei rain gardens, che è stata accolta con entusiasmo dai cittadini di diverse piccole realtà urbane. L’obiettivo è quello di aiutare il sistema di raccolta delle acque meteoriche e migliorarne la qualità. L’iniziativa si è concretizzata nelle cittadine di Meaplewood, Burnsville, Playmouth, Minneapolis e Duluth. Meaplewood è stata la prima nel Minnesota ed è diventata d’esempio soprattutto per l’attiva partecipazione dei cittadini che ha permesso di costruire i rain gardens in aree residenziali private. Circa 30.000 abitanti per 450 rain gardens, una percentuale altissima di giardini al servizio della città e interamente curati e mantenuti dagli abitanti.

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Regione di Adelaide, Australia

Promosso dalla regione dell’Adelaide e dal Department of the Environment, Water, Heritage and the Arts del governo australiano, è nato il programma Acqua Sensitive Urban Design (WSUD), un approccio alla pianificazione urbana che integra la gestione del ciclo di acqua nel processo di sviluppo urbano. Il documento descrive ampiamente il piano attuativo da intraprendere per attivare una politica efficace per la tutela del paesaggio e la gestione delle acque. Collocazione, forma e dimensione dei rain gardens sono parametri indicati con precisione, ma l’attenzione del dipartimento punta ad introdurre una vera e propria cultura di gestione della risorsa indicando sei punti fondamentali per il mantenimento e per l’efficienza di questi sistemi in modo da guidare i cittadini verso una tutela partecipativa degli spazi urbani.

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INDIVIDUARE L’APPROCCIO CORRETTO

I principi dei rain gardens si sono dimostrati efficaci nei casi in cui sono stati applicati, ma l’approccio che garantisce il funzionamento della tecnica deve in ogni caso tener conto dei cittadini e mirare alla loro partecipazione attiva. Per abbracciare i principi della sostenibilità è necessario prima di tutto sensibilizzare la collettività ad un lavoro comune in grado di trasformare i vantaggi della tecnica da interventi puntuali a elementi di un sistema più articolato.

SolaRoad: la pista ciclabile che produce energia solare

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Amsterdam - Mercoledì 12 novembre è stata inaugurata SolaRoad, una strada per biciclette che produce energia solare. La pista ciclabile che collega Amsterdam a due sobborghi a nord della città – Wormerveer e Krommenie – è di 25 km e si dilunga a lato della strada carrabile principale; ogni giorno è percorsa da 2 mila persone, tra pendolari e studenti. Il progetto SolaRoad, è ancora solo un pilot, per cui, di tutta la pista, per ora solo 70 metri sono stati pavimentati con celle solari in silicio cristallino montate su calcestruzzo ricoperto da uno strato spesso 1 cm circa di vetro temperato traslucido, che è così resistente da poter essere percorso perfino da un tir. 

LA PISTA CICLABILE ISPIRATA ALLA NOTTE STELLATA DI VAN GOGH

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caption:Gli operai montano i pannelli solari sul primo tratto del progetto pilota a nord di Amsterdam.

LE PRESTAZIONI DELLA STRADA CHE PRODUCE ENERGIA

Questo primo esperimento olandese è un progetto-pilota nato da una collaborazione tra il settore privato, il settore pubblico e l’università (Tno – organizzazione olandese per la ricerca scientifica applicata). I prossimi tre anni saranno considerati ancora una fase di test del prototipo di SolaRoad e si ipotizza che ci si possa prefiggere come obbiettivo la generazione di energia per due o tre caseggiati con questo primo tratto di strada. Visto il costo piuttosto elevato, ovvero 3 milioni di euro solo per il pilot, si potrebbe pensare che sia un progetto idealista e troppo costoso, però occorre tenere in considerazione che anche i pannelli solari tradizionali (quelli da posizionare sui tetti) all’inizio avevano dei prezzi quasi inavvicinabili. Quindi è auspicabile che anche i pannelli solari “da strada” calino di prezzo quando saranno utilizzati di più.

FATTIBILITÀ E COSTI DELLA SOLAR ROAD

Per quando riguarda il progetto, i pannelli solari SolaRoad sono stati montati con una leggera inclinazione perché i progettisti hanno pensato che l’acqua piovana, scorrendo sui pannelli, potesse ripulirli dalla polvere e da altri detriti che eventualmente si fossero depositati sulla superficie. Questi pannelli hanno però uno svantaggio rispetto ai pannelli solari dei tetti, poiché non sono orientabili e per questo è stato calcolato che produrranno circa il 30% di energia in meno. Nonostante ciò il team di Tno non si è scoraggiato, infatti i tecnici hanno affermato che il 20% delle strade olandesi (28 mila kilometri) sono adatti a questo tipo di pavimentazione, e ipotizzato di poter utilizzare l’energia generata come fonte energetica in contesti urbani pubblici (come per esempio per illuminare i semafori o i lampioni) o anche per soddisfare il fabbisogno energetico delle abitazioni private.

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STRADE SOLARI NEL MONDO

Nonostante SolaRoad sia il primo esempio pubblico di strada pavimentata a pannelli solari, altri progetti similari vengono contemporaneamente studiati anche in altri paesi, come per esempio negli Stati Uniti, con il progetto Solar Roadways, in cui l’energia ricavata dai pannelli è pensata per soddisfare altre funzionalità supplementari, come il riscaldamento della superficie della strada per sciogliere il ghiaccio o la neve, oppure per fornire energia a dei led incorporati per comporre testi relativi alla strada (rallentare, pericolo, stop, …).

Questa idea di pavimentare le strade con pannelli solari potrebbe avere davvero un grande (e positivo) impatto sull’ambiente, e potrebbe far si che in riferimento alla strada si cominciasse a pensare ad un luogo dove si genera energia pulita, invece che ad un posto dove rilasciare e respirare gas tossici. Ancora meglio se queste strade rivoluzionarie fossero solo ciclabili, poiché in questo caso non vi sarebbe  alcuna immissione di CO2.


Hudson Passive Project: una Casa Passiva tra antico e moderno

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Ispirata all’architettura dei fienili tradizionali dei coloni olandesi, nella valle del fiume Hudson si trova la prima casa certificata Passivhaus dello stato di New York: la Hudson Passive Project. Progettata dal team BarlisWedlick Architects LLC e costruita nel 2010, il suo design semplice e compatto la rende un eccezionale prototipo da cui ancora oggi si può imparare molto. 

GLI STANDARD PASSIVHAUS IN UN EDIFICIO IN RUSSIA 

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Tutto in questa passive house sembra ricondursi ad un principio: keep it simple (cit.). Pochi semplici elementi dal design tanto moderno ed essenziale quanto evocativo e archetipico: mura rivestite in pietra locale, un semplice tetto spiovente in legno lamellare e una facciata rivolta a sud aperta il più possibile per sfruttare avidamente tutto lo scarso sole degli inverni newyorkesi. 

Sebbene molti edifici moderni e contemporanei abbiano grandi vetrate rivolte a sud, la fin troppo frequente mancanza di un apposito elemento di accumulo termico all’interno impedisce di sfruttare completamente il guadagno solare diretto ricevuto. Gli architetti della Hudson Passive Project hanno dimostrato però di aver studiato, ovviando a questo comune errore: il pavimento in calcestruzzo (grazie all’elevata capacità termica) funziona da massa di accumulo termico che di giorno “colleziona” il calore assorbito dall’irraggiamento solare, e di sera, quando ce n’è più bisogno, lo restituisce agli ambienti della casa.

Situata sul lato nord, la camera da letto principale si oppone con la sua natura di spazio privato all’ariosa sala grande a sud, mentre accucciati sotto il meraviglioso soffitto goticheggiante ("cathedral ceiling”) due camere singole e uno studio occupano il soppalco. Quest’ultimo, affacciato direttamente sulla sala grande sottostante, beneficia di un elevato apporto di luce diurna naturale grazie ai lucernari ritagliati in copertura.

caption:© Peter Aaron

LE SCELTE NEL RISPETTO DELLA NATURA

Nel completo rispetto del genius loci, la scelta degli architetti Bradlis e Wedlick di progettare un semplice tetto spiovente a due falde risulta vincente tanto dal punto di vista tipologico-compositivo, quanto sotto il profilo tecnico: in una regione dal clima rigido e nevoso tetti troppo “sfaccettati” con giochi di falda complessi risultano molto problematici all’impluvio (accumulo indesiderato di neve, foglie, aghi di pino ecc.). Prima di risolvere un problema costruttivo chiedetevi sempre se l’architettura tradizionale e la bioclimatica non abbiano già dato la sua risposta. Di norma scoprirete che è quella giusta.

L'IMPIANTISTICA

Quanto alla modernità, l’unico vero impianto che contribuisce all’alta efficienza energetica della Hudson Passive Project non è deputato alla creazione di energia, ma al suo recupero e controllo. Si tratta del sistema MVHR (Mechanical Ventilation with Heat Recovery), meglio noto in Italia come impianto di Ventilazione Meccanica Controllata (VMC), il quale eleva la temperatura dell’aria esterna in ingresso estraendo energia termica dall’aria viziata in uscita. Ciò garantisce, come sappiamo, altissime prestazioni energetiche grazie alla sua capacità di recuperare calore effettuando contemporaneamente e senza dispersioni un costante ricambio d’aria, con benefici enormi in termini di comfort e di risparmio energetico. È infatti proprio questo sistema che caratterizza e distingue la Casa Passiva in generale e lo standard Passivhaus in particolare.

caption:© BarlisWedlick Architects LLC

Per incrementare l’efficienza energetica, bagni e cucina sono raggruppati in pianta in un intelligente “spalla contro spalla”, in modo da condividere e ottimizzare gli impianti idrici. Il progetto della cucina in particolare, si inserisce perfettamente in questa ottica della semplicità e della funzionalità volta all’efficienza energetica: per garantire la massima tenuta all’aria dell’edificio la tradizionale cappa di aspirazione fumi è stata eliminata, lasciando assorbire questi dallo stesso impianto di ventilazione meccanica controllata; così da recuperare ulteriore calore.

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caption:© BarlisWedlick Architects LLC

Nonostante sia presente anche un sistema di riscaldamento a pavimento, a detta di Wedlick (e non facciamo troppa fatica a credergli) i proprietari della casa, ad oggi, non hanno ancora mai sentito il bisogno di adoperarlo, perché malgrado gli inverni rigidi della regione, l’attento design e l’elevato isolamento termico della Hudson Passive Project ne fanno un accogliente rifugio di calore in mezzo alle nevi. Per usare parole dello stesso Wedlick: “In my mind this is a true breakthrough. It reminds us that good building techniques can really be the answer”.

caption:© Peter Aaron

caption:© Elliott Kaufman

Sembra infine che sia proprio la parola “calore” quella che meglio descrive questa casa. Quando la neve ammanta del suo freddo il paesaggio circostante, la Hudson Passive Project vista dall’esterno esercita un richiamo fortissimo, invitante, irresistibile, come una lanterna nella notte fredda: i suoi interni dai toni caldi del legno ispirano quel senso unico di accogliente sicurezza domestica. Quello cioè che ogni casa dovrebbe evocare.

Deforestazione dell’Amazzonia: la video denuncia

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La deforestazione dell’Amazzonia avanza incessabilmente: è il messaggio che arriva dal video shockrealizzato dalle immagini del satellite Landsat scattate dal 2001 al 2011. Il verde scuro e compatto, con lo scorrere delle immagini e degli anni, diventa sempre più rarefatto a testimonianza di un’incessante riduzione del "polmone verde" a favore di campi coltivati ed aree edificate. Una distruzione del patrimonio più straordinario e misterioso della terra, per convertire le aeree ad uso commerciale, per l’allevamento bovino e per la vendita di legno illegale. Purtroppo il disboscamento non è l’unico disastro ambientale mostrato dal satellite; sono stati documentati anche la rapida crescita di Las Vegas, il prosciugamento del lago Urmia in Iran e il ritiro del ghiacciaio Columbia in Alaska. Infatti, da luglio del 1972, i satelliti di Landsat hanno raccolto immagini da tutta la Terra, denunciando cambiamenti ambientali causati dalle attività umane e da processi naturali.

LA LETTERA DEL CAPO INDIANO MANIFESTO PER LA TUTELA DELL'AMBIENTE

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LA FORESTA PLUVIALE PRESA D’ATTACCO

Laddove vi era foresta vergine e poche strade che attraversavano territori vastissimi, ora vi sono aree enormi disboscate sotto colpi di ruspe e motoseghe; bruciate, in seguito, per eliminare il sottobosco rimanente. Il video risale al 2002, ma la situazione è oggi peggiorata: il disboscamento continua imperterrito a ritmi velocissimi. Infatti, telecolor.netriporta che a settembre, secondo i nuovi dati satellitari forniti dall’organizzazione no profit Imazon, sono stati rasi al suolo ben 402 km quadrati di foresta, il 290% in più rispetto allo stesso mese del 2013, per destinare il terreno ad altro uso. Oltre a questo si aggiunge il fenomeno delle foreste degradate, cioè molto sfruttate dal disboscamento o arse. La superficie interessata nel mese scorso è di 624 km quadrati, con una crescita esponenziale rispetto ai 16 km quadrati del settembre 2013. Ogni minuto vengono abbattuti 2.000 alberi.

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Una situazione critica che mette a rischio non solo la sopravvivenza della foresta ma anche l’intero ecosistema del Sudamerica. La foresta amazzonica ha infatti un ruolo fondamentale nel ciclo dell’acqua. ”Poche persone sanno veramente che un albero dell’Amazzonia è capace, grazie all’evaporazione, di rilasciare un enorme quantità di acqua nell’atmosfera. Oltre mille litri al giorno. Questo fenomeno è unico in Amazzonia. In totale, l’acqua rilasciata nell’atmosfera dalla foresta amazzonica è stimata intorno ai 20 miliardi di tonnellate al giorno” spiega Gerard Moss, un pilota e ambientalista che da anni sorvola l’Amazzonia per studiare l’impatto della deforestazione.

Negli ultimi 50 anni, come più volte denunciato dal Wwf e dalle altre associazioni ambientaliste, la foresta ha perso un quinto della sua superficie. Il ministero dell'Ambiente brasiliano non riconosce i dati rilevati della Ong di Belem Imazon, ed afferma che la deforestazione sarebbe diminuita del 18% rispetto allo scorso anno. L’allarme comunque rimane perché la perdita di copertura forestale non è compensata da nuovo rimboschimento e le foto aeree testimoniano come, mq dopo mq, la foresta sia sotto attacco continuo. Le strategie devono mirare ad una riduzione progressiva della deforestazione con lo sviluppo sostenibile delle risorse naturali e la conservazione della biodiversità.

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IL SATELLITE LANDSAT E LA PIATTAFORMA GOOGLE EARTH ENGINE

Il video è girato con la tecnica time lapse ("time",tempo e "lapse", intervallo, quindi fotografia ad intervallo di tempo), che consiste in una sequenza di immagini catturate in diversi istanti; il satellite copre la stessa area ogni 16 giorni. Il programma è stato lanciato nel 1972 come "joint venture" (una società mista) tra la NASA e la US Geological Survey.

{youtube}oBIA0lqfcN4{/youtube}

Le immagini riprese dal satellite LandSat sono state poi elaborate grazie a Google Earth Engine, una piattaforma di monitoraggio ambientale online dove le migliaia di miliardi d’immagini scattate nel corso dei decenni possono essere utilizzate gratuitamente.

La speranza è che scienziati, governi e ricerche indipendenti utilizzino i dati e l'immenso archivio di immagini, aiutando a risolvere problemi quali la deforestazione, la stima della biomassa e i livelli di carbonio. 

Regali sostenibili: idee per Natale

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Sotto l’albero quest’anno non può aspettarci il solito regalo. Speriamo sia qualcosa che piaccia non solo a noi ma anche all’ambiente. Riciclato per davvero, non di quelli solitamente sgraditi che in origine non erano per noi. Meglio se naturale, vegetale, solidale, innovativo, rinnovabile, educativo!

Proprio come queste idee sostenibili per Natale che vi proponiamo: complementi d’arredo, accessori per la persona e per la casa e giochi per ragazzi progettati e realizzati consapevolmente nel rispetto dell’ambiente.

Quadri vegetali, per ambienti più naturali

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Giardini in cornice, quadri non tradizionali, in cui è la Natura l’opera d’arte, è la proposta di Sundar Italia per questo Natale. Si tratta di piccoli giardini verticali racchiusi nello spazio di un quadro, in grado di tingere di verde qualsiasi ambiente e migliorarne la qualità dell’aria.

Un’idea regalo personalizzabile per dimensione, stile e colore della cornice e per tipologia di piante, per le quali il botanico aziendale saprà consigliarci.

Con un’autonomia di 20 giorni, il quadro vegetale proposto da Sundar Italia è così facile da manutenere da essere adatto anche a chi non ha il pollice verde: all’interno della cornice sono nascosti un sistema di auto irrigazione ed un indicatore di livello che fornisce informazioni sulla riserva d’acqua, in modo da poter ricaricare il piccolo serbatoio integrato prima che sia troppo tardi.

Acquista un quadro vegetale (prezzo su richiesta all'azienda)

Complementi d'arredo, vasi in legno Rekorb

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Per gli amanti degli arredi non convenzionali, naturali e di qualità consigliamo i vasi in legno Rekorb. Nascono da una ricerca approfondita sui materiali naturali e le loro applicazioni nel campo dell’arredamento per ottenere un prodotto impeccabile ed ecologico.

Si tratta di complementi d’arredo dalle linee semplici ed essenziali ideati da Alessandro Boninsegna, il giovane progettista che, facendo propria la minuziosa cura del dettaglio degli artigiani di un tempo, si occupa anche della loro realizzazione.

I vasi sono disponibili anche su misura e in varie essenze tra cui noce, rovere e cedro.

Acquista i vasi Rekorb (a partire da 140 €)

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Architetti e non apprezzeranno un piccolo oggetto di design che racchiude in sé un importante messaggio di ecosostenibilità. Perpetua è la matita "infinita", se cade non si rompe, scrive anche senza punta, anche se spezzata e perfino nello spazio (è l’unico oggetto scrivente adoperabile in orbita).

Questo nuovo strumento di scrittura smaltisce gli scarti di un processo di lavorazione industriale. La matita è infatti realizzata in Zantech, un materiale innovativo e tecnologico composto per l’80% da grafite riciclata.

Un oggetto semplice ed elegante, per il quale la designer Marta Giardini  ha pensato anche una gomma alimentare integrata che gli doni un vivacissimo tocco di colore.

Acquista Perpetua (5 € comprensivi del packaging che ne racconta la storia)

SmileSolar, l'orologio che sorride

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Un orologio che sorride al sole e a noi, che dona una carica positiva (e solare) alle nostre giornate.

Smile Solar è un regalo perfetto per persone dinamiche, pratiche, ecologiche! Un orologio che necessita soltanto del sole per caricarsi: la piccola mezzaluna tra le ore 2 e le 10 è un sottile pannello fotovoltaico che fa sì che l’orologio funzioni senza batterie. 1 ora di sole lo alimenta per 3 mesi.

Smile Solar, marchio Citizen, è disponibile in 15 modelli, tutti impermeabili e realizzati con materiali ecologici e parzialmente riciclati.

Acquista Smile Solar (39 €)

NATURAL INFORMATIC, TECNOLOGICA E NATURALE

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Natural Informatic by Eco Store è una linea di accessori tecnologici in bamboo che, grazie a finiture naturali, piacevoli al tatto e alla vista, rende più gradevoli le ore che trascorriamo seduti al pc.

I prodotti della linea Natural Informatic, realizzati con materiali naturali e alternativi, rispondono perfettamente alle esigenze degli amanti dei prodotti hi-tech. Le cuffie da studio, ad esempio, hanno un guscio e una struttura esterna realizzate in bamboo in linea con l’anima “eco” di Eco Store.

Scopri dove trovare le cuffie Natural Informatice e tutti i prodotti della linea Natural Informatic by Ecostore (circa 22,90 €)

Energioco: educare alla sostenibilità giocando

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Anche questo Natale abbiamo pensato a regali eco per le famiglie. Per loro vi proponiamo Energioco, un gioco da tavola, ideato da Adventerra Games, che educa alla riduzione degli sprechi domestici coinvolgendo i partecipanti in una storia di cui sono loro i protagonisti. Lo scenario: i giocatori hanno appena acquistato una casa che, sebbene accogliente, è vecchia, disperde calore e spreca tanta energia. I partecipanti, nelle vesti di proprietari, devono fare qualcosa!

Vince chi risparmia energia (e soldi!) adottando comportamenti virtuosi e utilizzando i Gettoni Energiabile egli Adventeuro per fare gli investimenti intelligenti e risparmiosi. 

Un gioco che insegna che la salvaguardia del Pianeta parte da noi e ci rende più felici e anche più ricchi.

Adatto a ragazzi a partire dai 10 anni. E’ incluso un manuale per gli insegnanti qualora lo volessero adottare nelle scuole.

Acquista Energioco (costo CHF 37,50 equivalenti a circa 29,60€)

LUMINÒ, L’OMBRELLO LUMINOSO

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Luminò è un ombrello che si illumina grazie ad un led e ci rende visibili su strade poco illuminate. Un ombrello che con i suoi colori sgargianti rende vivaci anche le giornate di pioggia più uggiose.

Completamente personalizzabile sia nel telaio (materiali, tonalità, loghi aziendali) che nell’asta luminosa (disponibile in 5 diversi colori) Luminò unisce l’indiscutibile utilità dell’oggetto alla qualità di finiture Made in Italy e ad un dettaglio che dimostra anche ai più scettici che la durata dei led è davvero sorprendente.

Acquista Luminò (29,90 €)

Borse di sughero, artigianato di qualità

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Le borse in sughero Tamponi Persico coniugano design, materiali naturali di qualità ed alto artigianato. Ogni borsa è unica (dotata di cartellino identificativo) e lavorata a mano da un unico artigiano che ne segue tutte le fasi di realizzazione con sapienza e passione.

Le borse di sughero, disponibili nei modelli a spalla, a mano, a tracolla e in versione bauletto, vengono realizzate in un territorio, quello sardo, da sempre votato alla lavorazione del sughero. La Sardegna è infatti tra i principali produttori europei di questo materiale e il primo in Italia. Dall’estrazione del materiale, selezionato accuratamente da personale specializzato, fino al prodotto finale, si tratta di una filiera a km0.

Acquista le borse in sughero Tamponi Persico (prezzo su richiesta all’azienda)

Shigeru Ban progetta sette piani di struttura in legno a incastro

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L’architetto Shigeru Ban, noto per l’uso di materiali riciclabili nelle sue architetture, stupisce con un nuovo progetto, baluardo della tecnologia nella lavorazione del legno: a Zurigo, lungo il fiume Sihil, si sviluppa per cinquanta metri la nuova sede di Tamedia, edificio di sette piani con struttura interamente a incastro, costruita con 2000 mc di legno lamellare di abete rosso (proveniente da foreste austriache certificate), le cui parti sono connesse senza l’uso di giunti metallici, neppure per l’unione tra travi e colonne.

SHIGERU BAN E IL LEGNO: IL GOLF CLUB DI SEUL

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LE CARATTERISTICHE DEL PROGETTO DI SHIGERU BAN

La sede di Tamedia (che è uno dei principali media svizzeri), la cui struttura in legno è la più alta della Svizzera, è stata realizzata con nuove tecnologie per la progettazione, l’assemblaggio e la fresatura del legno anche grazie all’utilizzo di macchinari a controllo numerico di precisione millimetrica, di cui la Svizzera è oggi leader indiscussa. È stata inaugurata il 9 luglio dello scorso anno ed è il primo progetto dell’architetto Ban nel paese, al quale però seguirà presto un secondo edificio, anch’esso una struttura completamente lignea, che diventerà la nuova sede di Swatch-Omega.

caption:L’edificio di Tamedia illuminato.

Per il rinnovo della sede di Zurigo, Tamedia aveva chiesto agli architetti del team di Ban un edificio che contemplasse spazi per uffici accoglienti e confortevoli quasi come una casa e che rispecchiasse la filosofia dell’azienda: Shigeru Ban ha trovato così l’ispirazione, progettando un edificio in legno che in qualche modo ricordasse uno chalet svizzero (in questo caso soprattutto per via del materiale), avvolto da una pelle di vetro a bassa emissione, che rispecchia l’eleganza, la sobrietà e la tecnologia che caratterizzano l’azienda.

Quello per Tamedia è un progetto che unisce in un vincolo indissolubile la struttura all’architettura dell’edificio: lo stesso Ban sostiene che dal momento in cui lui decide di progettare un edificio in legno, creerà un sistema strutturale apposito per il legno e non adatterà - per esempio - la modalità di costruzione dell’acciaio al legno, ed è per questo gli edifici di Shigeru Ban sono spesso davvero innovativi e unici nella loro specie. Nel caso di Tamedia, per evitare le giunzioni metalliche si è utilizzato un sistema di travature ovali che penetrano attraverso le doppie travi e la colonna in modo da ottenere un nodo di giunzione.

caption:Particolare di una delle travi. © Blumer-Lehmann AG

caption:L’edificio di Tamedia lungo il fiume Sihil. La vista esterna è integrata con gli edifici adiacenti che si susseguono lungo il fiume. © Didier Boy de la Tour

La nuova costruzione si sviluppa lungo il fiume Sihil, edificata dove prima sorgeva un prefabbricato che era però già stato demolito. Le linee presenti sulla facciata di vetro creano una continuità con gli edifici adiacenti.

L’edifico è caratterizzato da una doppia facciata, che ha la funzione di buffer climatico per la ventilazione naturale, ed è avvolto da una pelle di vetro che lavora come barriera termica; è inoltre fornito di un impianto a soffitto che utilizza acqua di faglia per il raffrescamento degli ambienti, mentre adopera un sistema di sfruttamento dell’aria esaustiva degli uffici come riscaldamento, evitando così l’uso di combustibile fossile o energia nucleare, e contribuendo ad una gestione dell’edifico priva di emissioni.

Gli interni sono caratterizzati da ambienti piacevoli e luminosi, dove i 480 collaboratori lavorano avendo a disposizione 12,3 mq di superficie per persona, mentre gli spazi lounge e le sale riunioni sono state ricavate nei tre metri di spessore della doppia facciata.

caption:Lo spazio tra la pelle di vetro esterna e l’interno vero e proprio della struttura. © Blumer-Lehmann AG

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LA STRUTTURA DELL'EDIFICIO IN LEGNO

Per quanto riguarda la struttura, questa è costituita da un sistema di dieci telai che creano l’ossatura portante dell’edificio grazie alle traverse ovali. Ogni telaio -che pesa 24 tonnellate - è composto da quattro colonne di 2 metri di altezza e cinque doppi travetti di 17,4 metri di lunghezza. Le traverse di 5,5 metri s’incastrano nei punti di giunzione con colonne e travetti. Gli elementi il legno sono stati progettati e fresati con un impianto a controllo numerico e assemblati poi in loco. Per via dei requisiti necessari per le norme di sicurezza in caso d’incendio tutte le travi e i pilastri sono stati sovradimensionati, in modo che il nucleo portante non possa essere danneggiato da un ipotetico incendio in tempi brevi.

caption:Il processo di assemblaggio di Tamedia: in primo piano una delle traverse ovali della struttura. © Blumer-Lehmann AG

caption:Vista esterna della struttura in legno. © Blumer-Lehmann AG

In immagine: vista esterna della struttura in legno. © Blumer-Lehmann AG

Si attende con impazienza il nuovo progetto svizzero del team di Ban per conoscere particolari innovativi e sostenibili!

Dati del progetto

Progetto: Shigeru Ban
Progetto delle strutture: CREATION HOLZ GmbH
Committente: Tamedia AG
Luogo: Zurigo (Svizzera)
Superficie utile lorda: 10120 mq
Area del lotto: 1000 mq
Inizio Progetto: 2008
Fine lavori: 2013
Struttura in cemento armato e legno di abete
Struttura in legno: Blumer-Lehmann AG, Gossau

Idee per un albero di Natale fai da te

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Per un motivo o l’altro non ho mai fatto l’albero di Natale… ma sarà l’aria nordica che respiro, la nostalgia di casa o la voglia di abbellire la casa in cui vivo ed ecco che anch'io mi sono lasciata affascinare dallo spirito natalizio. L'idea è di creare un mini albero eco fai da te e, girovagando per internet, ho selezionato una serie di immagini da cui prendere ispirazione, rivedere e arricchire secondo il mio gusto e il materiale a disposizione! Grazie alle foto esplicative e ai link dei tutorial originali, potete anche voi realizzare alberi alternativi con il materiale che preferite, utilizzando legno, carta, tappi di sughero e, ovviamente, aggiungendo un pizzico di creatività!

altre IDEE PER UN Natale ECO

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L'ALBERO CON TAVOLE DI LEGNO E LUCI DI VARIE FORME

Semplice ed elegante l’albero realizzato con tavole di legno di varie dimensioni, bucate al centro e ruotate attorno al tronco di sostegno. Il legno utilizzato è chiaro, lasciato al naturale, arricchito con bianche luci a forma di stella e le classiche palline bianche. In alternativa, si possono appendere rami in parallelo, raccolti in un parco, su cui poi aggiungere palline, strass o altri addobbi natalizi. 

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L'ALBERO REALIZZATO CON UNA VECCHIA ANTA E METRI PIEGHEVOLI

Se si hanno diversi metri pieghevoli in legno e una vecchia anta o una vecchia porta da riciclare e colorare, si può seguire questo semplice tutorial. L’alberello vien fuori da una dozzina di porzioni di metro, tagliati con seghetto e allineati al centro dell’anta o di una tavola in legno: alla sommità si può applicare un bottone prezioso, uno strass o una stella.

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L'ALBERO NATALIZIO DI CARTA, TAPPI DI SUGHERO E STRING ART

Con la carta si può fare praticamente tutto, a diversa scala e con incredibili effetti! Pagine di vecchi libri, tagliati con forbici a zig zag, si possono infilzare in un tronco o al fil di ferro per ottenere alberelli da tavolo; un cono di carta arrotolata può servire come sostegno su cui fissare, con spilli e scotch, strisce orizzontali di carta, da arricciare alla punta. Origami con diverse variazioni di verde possono creare una foresta in miniatura in bella vista sul caminetto o sulla scrivania.

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Si possono realizzare interi alberi con i tappi di bottiglia colorati; ma sono ancora più facili e divertenti i mini alberelli realizzati con un solo tappo: il tronco può sorreggere della lana verde, scarti di crochet o un semplice rametto di abete infilzato al centro.

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Infine, come ultima ispirazione, ci sono gli alberi di Natale realizzati con la string art, la tecnica che permette di creare forme grazie a corde e chiodi. Su una tavola di legno si realizza la sagoma con fili colorati attorno a puntine dorate e bianche. Versione minimal è con filo rosso e  gommini trasparenti per non bucare la parete. A completare l'opera, è sempre attuale una grande stella e altri origami di carta sparsi qua e là. Buon divertimento!

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