La mostra Behind the Green Doorè stato l’evento principale della Triennale di Architettura di Oslo (OAT 2013) dove, tra arredi di design e modelli in scala di architetture, è comparsa anche una casa delle bambole. Nato nel 2005 e composto da architetti, ingegneri, designer e ricercatori con base a Bruxelles, Rotorè il nome del giovane collettivo che ha curato la mostra. Il gruppo, oltre a occuparsi della realizzazione di progetti di design e di architettura, è attivo anche in campo teorico sviluppando posizioni critiche sul design, sulle risorse materiali e sul loro spreco, attraverso ricerche, mostre, scritti e conferenze.
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LA SOSTENIBILITÀ COME TEMA DELLA TRIENNALE
In occasione della mostra della Triennale, i curatori hanno voluto adottare un approccio nuovo e inaspettato: invece di partire da una determinata idea di sostenibilità e documentarla con esempi ad hoc, si è optato per una raccolta che mettesse insieme approcci differenziati al concetto stesso di sostenibilità. L’obiettivo non è quello di dedurre una innovativa idea di sostenibilità né di convincere la gente a vivere secondo l’etica ecologica: piuttosto consiste nel mostrare in che modo il desiderio (o la moda?) di sostenibilità stia pervadendo qualsiasi campo, diventando una vera forza sociale capace di rimodellare la cultura.
"In popular consciousness there are two main camps in the sustainability debate: the moralists who want us to forsake all pleasures, and the cynics who want to earn money on quick-fix technological solutions. In Behind the Green Door, Rotor present a third position in the form of an undogmatic inquiry, open to all the paradoxes and dilemmas of the contemporary crisis" ( “Nella coscienza popolare ci sono due principali ambiti all’interno del dibattito sulla sostenibilità: i moralisti che vogliono che abbandoniamo tutti i piaceri, e i cinici che vogliono guadagnare denaro da soluzioni tecnologiche quick-fix. In Behind the Green Door, Rotor presenta una terza posizione in forma di inchiesta non dogmatica, aperta a tutti i paradossi e i dilemmi della crisi contemporanea".)
Così si pronuncia Mari Hvattum, docente della Oslo School of Architecture and Design, a proposito della mostra.
OAT 2013 E LA GREEN DOLLHOUSE
Si tratta di una raccolta di “testimonianze di aspirazioni ambientaliste” – modellini, render, volantini promozionali, strumenti specializzati di costruzione, campioni di materiali, citazioni, filmati di incontri tra lobby – per un totale di circa 600 contributi provenienti da tutto il mondo. Ogni oggetto racconta una storia ed è il risultato di un processo di selezione che è andato avanti per oltre un anno. Si passa dallo macro alla micro scala, ci si riferisce al territorio urbano come a quello rurale. Non esistono limitanti confini disciplinari: ci si può riferire all’architettura come all’ingegneria, alla grafica, all’urbanistica, alle scienze sociali.
Tra tutte le suggestioni pervenute, un oggetto attira la nostra attenzione: la brochure informativa della “Green Dollhouse”, la casa delle bambole prodotta da Plan Toys. Realizzata in legno e con materiali riciclabili, la casa è dotata di pannelli fotovoltaici e turbina eolica per la produzione di elettricità. La facciata della casa è arricchita di piante rampicanti che ne aiutano a mantenere costante la temperatura interna, mentre uno spazio verde esterno è dedicato al relax e alle attività ricreative. La raccolta di acqua piovana avviene con un apposito contenitore per il riciclo, la raccolta differenziata distingue i rifiuti biodegradabili e non, da quelli riciclabili. Gli arredi sono in legno non trattato chimicamente e proveniente da foreste rinnovabili. Una parete mobile costituita da una grande tenda d’estate protegge la casa dal surriscaldamento e d’inverno trattiene il calore e protegge dall’aria fredda.
Un classico intramontabile del gioco è dunque rivisitato in chiave sostenibile: la casa, ideale per futuri architetti, fa dell’educazione all’ecologia una buona abitudine che deve essere trasmessa sin da piccoli in modo che l’uso responsabile delle risorse materiali del pianeta si configuri come unico approccio, non semplicemente auspicabile, ma realmente possibile.